Al Festival dei Tacchi in Ogliastra, non solo teatro e laboratori ma anche enogastronomia. Lo scorso anno i culurgiones sono stati i protagonisti a Ulassai, del corso di cucina organizzato nell’ambito del festival. Quest’anno si è aggiunta un’altra ‘ghiottoneria’, sa coccoi prena, un gustosissimo tortino col ripieno dei culurgiones e con la forma che ricorda la pardula.
I segreti di questi due piatti tipici della cucina ogliastrina sono stati svelati a Ulassai in occasione della sedicesima edizione della manifestazione, in programma fino al 10 agosto tra Ulassai, Osini e Jerzu. Un folto gruppo di allievi e allieve da ogni parte d’Italia, appassionati di buona e genuina cucina, hanno presso parte al laboratorio per imparare a portare in tavola queste due prelibatezze secondo la ricetta tradizionale di Ulassai. Il corso si è svolto in un edificio scolastico nel centro del paese museo dell’artista Maria Lai.
Rosina, Piuccia e Virginia, depositarie di un’antica tradizione gastronomica, hanno guidato i partecipanti nelle fasi della preparazione della pasta e del ripieno, indicando le giuste dosi e gli ingredienti. “Ogni zona presenta le proprie peculiarità e ogni piatto diventa quindi unico – ha spiegato l’assessore comunale alla Cultura Luisa Pilia, presente al laboratorio – infatti piccoli accorgimenti che si tramandano di madre in figlia, e che tengono conto di tutta una serie di variabili e gusto personale, fanno la differenza rispetto alla ricetta di un paese distante anche pochi chilometri”.
Per questa bontà tutta made in Ogliastra la Regione Sardegna ha avviato la procedura per ottenere il marchio Igp, indicazione geografica protetta. Tante quanti i Comuni del territorio, sono le formule per preparare ottimi piatti di culurgiones. E ciascun paese rivendica la validità della propria ricetta. Ma storie di campanile a parte, quella di Ulassai è una prelibatezza tutta da assaporare per le fragranze e gli aromi che emanano dal piatto fumante. “A renderli unici e a differenziarli dalla ricetta di un paese distante anche pochi chilometri sono quei piccoli accorgimenti che si tramandano di madre in figlia e che tengono conto di tutta una serie di variabili e gusto personale – spiega ancora Luisa Pilia -. Qualche esempio? E’ bene non utilizzare patate novelle e c’è chi predilige quelle a pasta gialla. La farina da usare è quella calibrata, ma a renderli speciali sono la menta selvatica che cresce spontanea e su fiscidu, formaggio molle e acido, seccato e conservato in salamoia”.
L’assessore ci tiene a precisare: “La ricetta fornita ai partecipanti al corso è da considerare come punto di partenza, ciascuno, variando leggermente le dosi può personalizzare il prodotto: il trucco vero sta nell’armonia tra gli ingredienti dove uno non predomina sugli altri”. E dopo il laboratorio, tutti a tavola.