Cuperlo tira in ballo gli studenti sardi: caos social, ma i dati gli danno ragione

“Mi stupisce che la Lega sia il primo partito in Sardegna, una regione dove il 33 per cento dei giovani non termina la scuola secondaria. E la Lega, che sta al governo, per loro non ha fatto nulla”. L’affermazione di Gianni Cuperlo (Pd), alla trasmissione Tv di La7 ‘L’aria che tira’ che analizzava il voto alle elezioni europee, ha scatenato un’altra, l’ennesima, scia di polemiche, soprattutto sui social. C’è chi ha pensato si trattasse di una boutade sul ‘popolo ignorante’ e giù commenti e post al fulmicotone degni di tifoserie ultra.

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Ma qual è realmente la situazione? Che l’indice della dispersione scolastica nell’Isola sia a livelli altissimi, soprattutto nel paragone con le altre regioni, non solo italiane, ma anche europee, è tristemente noto. Ma non è il solo dato che ‘regala’ alla Sardegna il primato negativo in tema di istruzione e formazione. A leggere il capitolo dedicato al capitale umano nell’edizione numero 26 del Rapporto Crenos, che fotografa lo stato dell’economia nell’Isola, presentato pochi giorni fa a Cagliari, la cartina di tornasole di una condizione preoccupante è immediata.

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La Commissione europea inserisce tra gli indici di competitività delle regioni del Vecchio continente il capitale umano, considerato uno dei pilastri della strategia comunitaria per lo sviluppo: è qui che vengono analizzati l’istruzione e la formazione degli individui. Si parte da un dato: per l’Ue almeno il 40 per cento dei giovani tra i 30 e i 34 deve conseguire un titolo universitario o equivalente entro il 2020, questo è l’obiettivo prefissato. E nonostante la media dei 28 Paesi sia già in linea con questo obiettivo ci sono notevoli differenze tra Paesi e Regioni d’Europa.

“In Sardegna nel 2017 la percentuale di giovani laureati si è fermata al 23,6 per cento, di molto inferiore alla media europea – si legge nelle pagine del Rapporto Crenos che prende in esame i dati relativi al 207 e li raffronta con il 2013 -. Negli ultimi cinque anni però sono stati fatti dei passi avanti: nel 2017, rispetto al 2013, la percentuale è cresciuta del 6,6 per cento. Nel dato c’è poi una differenza di genere con il 28,3 per cento di donne laureate (23,7 nel 2013) e 19,1 per cento uomini (10,4 nel 2013)”.

E se l’Italia è il penultimo paese in Europa per standard di istruzione dopo la Romania, per la Sardegna l’indicatore risulta ancora tra i più bassi rispetto alle altre regioni europee (426esima su 469 regioni per i quali sono disponibili i dati), fanno peggio solo Sicilia (19,1%), Calabria (20,7%) e Puglia (22,2%). In Europa i Paesi che condividono con l’Italia la parte bassa della classifica sono Romania, Ungheria e Bulgaria, mentre Austria, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Danimarca , ma anche Estonia e Lituania sono già dal 2017 al di sopra dell’obiettivo prefissato per il 2020.

Se si prendono ad esempio professioni come gli scienziati e gli ingegneri in rapporto alla popolazione attiva, la Sardegna (insieme all’Italia) fatica. La percentuale si aggira sul 3,9 per cento contro la media europea del 7,2. Tra gli esempi europei virtuosi ci sono l’Irlanda e la Finlandia (entrambe il 10,2%) e la Svezia (10,8%). Dati negativi anche per quanto riguarda i servizi di formazione professionale e di istruzione per gli adulti: in Sardegna la percentuale di adulti impegnati in questo tipo di percorso rispetto alla popolazione è del 8,5 per cento, più alta della media nazionale (7,9%), ma ben al di sotto della media europea (10,9%).

Il tasto dolente, si diceva, è l’abbandono del percorso scolastico, qui preso in esame per le scuole medie: il dato sardo, seppur in calo come in tutta l’Europa, resta altissimo, pari al 21,2 per cento (nel 2013 era al 24,3%). La media europea è intorno al 10,6 per cento. La Sardegna resta all’ultimo posto delle regioni italiane ed è al 394esimo sulle 446 regioni europee. Ad abbandonare di più il percorso scolastico in Sardegna sono gli uomini (26,3 per cento), mentre le donne si fermano al 15,6 per cento (nel 2013 era il 21,2%). Anche per quanto riguarda i cosiddetti Neet (Not in education, employment and training, cioè i giovani che non hanno un lavoro e hanno smesso di cercarlo) la Sardegna è fanalino di coda in Europa: con un tasso di Neet del 24,1% occupa il 434esimo posto su 481 regioni, molto al di sopra della media europea del 10,9 per cento ma anche di quella del Mezzogiorno d’Italia (fanno peggio solo Sicilia, Calabria, Campania e Puglia). Anche qui meglio le donne: meno propense ad abbandonare gli studi e non cercare lavoro (23% contro il 25,2% degli uomini), dato che conferma il maggiore impegno femminile nel contesto formativo e lavorativo.

Marzia Piga

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