Protezione civile, la Sardegna senza difese. Due mesi fa l’ultimatum di Gabrielli

C’è voluta la tragedia, una tragedia da sedici morti e un disperso, per far saltare il tappo: in Sardegna il Centro decentrato di Protezione civile, in teoria una sede staccata di quella centrale con sede a Roma, funziona solo come passa carte. Cioè non ha né la struttura né i requisiti per valutare le condizioni meteo, quindi redigere in autonomia i cosiddetti bollettini di vigilanza in base ai quali vengono poi emanati gli avvisi di criticità. Le allerte, appunto. La Sardegna deve aspettare tutto da Roma, spiegano dal Dipartimento nazionale.

L’Isola, dunque, si scopre non in regola con la “gestione dei rischi idrogeologici e idraulici”. Ovvero, con  la Direttiva del 27 febbraio 2004 che ha riorganizzato in Italia la Protezione civile, prevedendo, tra le altre cose e in ogni Regione, i Centri funzionali decentrati. La Sardegna, però, non si è mai messa al passo con la normativa, sebbene il governatore in carica abbia la responsabilità di Protezione civile. La quale, in base alla stessa direttiva, a livello nazionale è in capo al presidente del Consiglio, mentre nei Comuni ricade sui sindaci.

Poi, due mesi fa – segnala l’Unione sarda oggi di edicola – l’intervento del capo della Protezione civile nazionale Franco Gabrielli. E’ un invito, quasi un ordine, a aprire finalmente il Centro. E ai Comuni di dotarsi dei piani di emergenza. La missiva è indirizzata al governatore Ugo Cappellacci, all’assessore all’Ambiente Andrea Biancareddu e al responsabile sardo della Protezione civile Giorgio Cicalò. Quest’ultimo, constatata la difficoltà ad adempiere, avrebbe addirittura minacciato di dimettersi.

Un vero e proprio conflitto istituzionale avvenuto appena quattro settimane prima della tragica alluvione. Ma nulla è trapelato fino a ieri. Tutto è rimasto nelle stanze della Regione, nelle quali si è cercata affannosamente una soluzione. Non semplice da trovare perché – ed è questo il paradosso più incredibile – l’edificio che dovrebbe ospitare il Centro di coordinamento delle emergenze esiste da una decina d’anni: si trova alla periferia di Cagliari, nella zona industriale di Macchiareddu, ma è stato costruito su terreno alluvionale!

Per questa ragione la Sardegna si trova a dipendere dal Dipartimento nazionale, ricevendo ogni giorno da Roma sia i bollettini meteo (anche in forma di cartina geografica con le piogge previste) sia gli avvisi di criticità, i quali misurano gli effetti dell’acqua sul suolo, ovvero eventuali frane e alluvioni. Lo scorso 9 ottobre scorso, Franco Gabrielli l’aveva segnalato in un’audizione alla Camera: oltre alla Sardegna, altre dieci regioni non hanno una adeguata struttura per far fronte alle emergenze. Ma nessuno aveva fatto caso a quelle parole, ricordate invece sulle colonne del Corsera. Ieri anche dalla Capitale sono tornati sulla questione, spiegando «il Centro funzionale della Sardegna» è nella lista nera perché «non ha i requisiti previsti dalla Direttiva del 2004». E sarebbe competenza della Regione organizzare e finanziarie gli uffici.

L’Isola divide il primato negativo con Friuli, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sicilia. Invece: Umbria, Lazio, Molise e Calabria sono a metà dell’opera: gestiscono la parte relative alle emergenze idrogeologiche, ma non sono in grado di fare previsioni meteo. In Italia sono appena nove le Regioni in regola: Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania, più le Province autonome di Trento e Bolzano.

Quanto questa manchevolezza abbia inciso sulla devastazione del ciclone Cleopatra, non è dato saperlo. Fatto sta che, domenica 17, dal Dipartimento nazionale hanno spedito nel Centro di Cagliari due comunicazioni. «La prima – dicono ancora da Roma – è stata invitata intorno alle 14, col bollettino meteo e l’avviso meteo». Cioè con le cartine che indicano il quantitativo di pioggia previsto, più un allegato cartaceo nel quale si parla di «temporali» e di «possibile burrasca». Invece: «Tra le 15 e le 15,30», ecco il secondo fax, «con l’avviso di criticità». E siccome si tratta di materiale sensibile, a differenza dei bollettini non viene pubblicato online. Il Comune di Olbia, il più colpito dal ciclone, l’ha ricevuto alle 16,54 di domenica, ha scritto ieri Il Messaggero.

Dagli uffici della Capitale chiudono con una precisazione: «Dopo che noi informiamo i Centri funzionali decentrati, spetta loro comunicare le eventuali criticità alle amministrazioni locali, i Centri sono stati creati anche con l’obiettivo di velocizzare la procedura delle allerte». Se solo, certo, venissero attivati.

Alessandra Carta

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