Processo Diana, i mobili per ufficio comprati coi fondi del gruppo Pdl

Scrivanie, sedie e poltroncine, lavori di segreteria, riordino archivio e ricerche web. Sono alcune delle spese pagate da Mario Diana coi fondi ai gruppi.

Ci sono anche 68mila euro spesi per “mobili, lavori di segreteria, riordino archivio e ricerche web” nell’elenco delle somme che il pm Marco Cocco contesta a Mario Diana nell’ambito dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. Il dettaglio delle fatture è stato esaminato oggi durante l’udienza del processo in cui l’ex capogruppo Pdl è imputato per il presunto peculato commesso durante la XIV legislatura (2009-2014), un’udienza in cui è emerso pure l’investimento bancario fatto a febbraio 2012 da Diana coi soldi pubblici (qui tutti i dettagli dell’operazione).

I 68mila euro oggetto del rilievo sono quelli menzionati nell’ordinanza che a ottobre 2013 mandò in carcere l’ex capogruppo. I soldi vennero incassati da Maria Giulia Mottura ed Ettore Onnis. Si tratta di una coppia oristanese che lavorava per Diana, “due persone fidate, serie, come servono quando si deve gestire una segreteria politica e istituzionale”, ha detto l’ex consigliere regionale rispondendo alla domande del pubblico ministero.

Sul punto dei 68mila euro sono diverse le contestazioni che il magistrato inquirente ha mosso all’imputato. “Ogni consigliere regionale – ha ricordato il pm – aveva a disposizione la cosiddetta indennità di segreteria, pari a circa 2mila euro al mese. E se l’onorevole Diana dice che non aveva altro personale eccetto i coniugi Onnis-Mottura, non si capisce la ragione per la quale abbia pagato i propri collaboratori utilizzando i soldi dei fondi ai gruppi e non risorse personali”.

Diana, dal canto suo, ha spiegato che si serviva dei denari pubblici perché “il lavoro da svolgere riguardava anche il gruppo politico”. Di certo l’ex esponente pidiellino aveva a Oristano – la sua città – un ufficio politico trasferito “dall’Istituto diocesano di piazza dell’Episcopio a via De Castro nel 2010”. Occasione in cui Diana ha detto in aula “di aver acquistato dalla Mottura dei mobili” per un importo di 4mila euro. Tra cui “due scrivanie, sedie e poltroncine”.

Dall’ex capogruppo la donna ha ricevuto, in totale, 50mila e 500 euro, versati tra l’11 novembre 2009 e il 10 febbraio 2010. Ma oggi, davanti al giudice Claudio Gatti, presidente della prima Sezione penale, Diana ha consegnato le fotocopie di altri sette assegni versati sempre alla Mottura. E stavolta “le somme sono state prelevate dal mio conto personale presso la Banca di Sassari”. I pagamenti, stando al carteggio, risultano datati tra il 27 giugno 2011 e il 24 febbraio 2012 per un totale di 11.450 euro.

Il pm ha rilevato che “non emerge periodicità né costanza negli importi, tale da giustificare un rapporto di lavoro continuativo come sostiene l’onorevole Diana”. Il quale, a sua volta, ha spiegato che “la signora Mottura mi chiedeva i soldi quando ne aveva bisogno, visto che non esisteva un contratto né era mai stata pattuita una somma mensile fissa”. Quanto a Onnis, citato come teste dall’accusa ma impossibilitato a presentarsi in tribunale per problemi di salute, dai fondi ai gruppi ha percepito 17.500 euro, tra il 12 gennaio 2010 e il 17 settembre 2011.

Oggi il pubblico ministero è tornato sulle trentuno penne Montblanc che il gruppo Pdl acquistò a ridosso del Natale 2009 (se ne parlò anche nell’udienza del 5 febbraio scorso). Diana sostiene che l’idea fu della sua vice, Simona De Francisci (diventata poi assessore alla Sanità). Questa tesi è stata ribadita anche dall’ex pidiellino Sisinnio Piras, sentito in Procura a metà aprile. Di parere opposto la versione di un altro esponente della massima assemblea sarda, Pietro Pittalis (il solo berlusconiano che rifiutò la penna) citato come teste dall’accusa. Pittalis disse che la decisione di comprare le Montblanc fu di Diana. Stessa posizione per Alessandro Pusceddu, un dipendente del gruppo ugualmente che ugualmente è stato escusso durante il processo.

Diana ha replicato che Pittalis “non poteva saperlo visto che alle riunioni dei gruppi non veniva mai. E comunque nell’attribuire alla De Francisci la paternità di quegli acquisti non ho mai voluto dire che avesse commesso un reato. Anzi: da subito mi trovai d’accordo”. Il processo Diana proseguirà il 21 giugno, ancora con l’interrogatorio dell’imputato. Ma nella stessa udienza comincerà il controesame dell’imputato, difeso dagli avvocati Mariano e Massimo Delogu.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

LEGGI ANCHE: Al processo Diana l’investimento bancario fatto dal Pdl coi soldi pubblici

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