Una presa di posizione forte contro l’ipotesi del Deposito nazionale delle scorie e dei rifiuti radioattivi in Sardegna arriva dal Museo Nivola di Orani, con un post su Facebook che è immediatamente diventato virale. Anche per l’immagine scelta: la celebre immagine della Sardegna disegnata da Costantino Nivola che mostra un’Isola “venduta” o ancora parzialmente da vendere. “Nivola, che negli anni Settanta avrebbe sviluppato una forte coscienza ambientalista – si legge nel post – già nel 1968 stigmatizzava le logiche politiche ed economiche che, pezzo a pezzo, sottraevano ai sardi il proprio futuro. Oggi questa immagine ci invita a riflettere, a fare scelte consapevoli, a prendere posizione non per salvare il nostro orticello, ma per restituire pace a una terra antica, la Sardegna, che porta sulla pelle le cicatrici di un uso scellerato del suo territorio”.
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Il museo barbaricino sottolinea come nessuno voglia questo deposito. E ricorda: “Ditelo alle spiagge avvelenate di Capo Teulada, alle terre di Quirra martoriate dalle bombe. Fatelo sapere agli abitanti del Sulcis, in una giornata di vento, quando l’aria è rossa di arsenico e metalli pesanti. 35.000 ettari di servitù militari, 56000 ettari di terra e mare inquinati: eredità di strategie di sfruttamento delle risorse naturali, di profitti a breve termine e di benessere illusorio. Oltre la retorica della Sardegna terra da cartolina, oltre la fanta-archeologia che vuole i sardi eredi di civiltà gloriose, resta un’isola colpita duramente dalla crisi economica e sociale, che prova a ripartire dal turismo sostenibile e dall’agricoltura biologica. Un’Isola che può diventare un modello di sviluppo in armonia con la natura. A patto che non la si carichi di quest’ultimo fardello, non la si faccia cimitero delle scorie nucleari dell’Italia intera”. E conclude: “Oggi questa immagine ci invita a riflettere, a fare scelte consapevoli, a prendere posizione non per salvare il nostro orticello, ma per restituire pace a una terra antica, la Sardegna, che porta sulla pelle le cicatrici di un uso scellerato del suo territorio”.