Le fantasie di Doddore e quell’incontro tra indipendentismo e reati fiscali

Salvatore “Doddore” Meloni, morto questa mattina all’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, non era un indipendentista da salotto: alla Nazione sarda ci aveva creduto sin dagli anni Ottanta, immaginando una via rivoluzionaria che gli costò allora nove anni di carcere, accusato di aver ordito un “Piano separatista” e compiuto un attentato contro la sede della Tirrenia nel capoluogo. Una storia di eversione che contava anche su un complice libico, il cui nome era finito nei faldoni dell’indagine aperta della Procura di Cagliari. Perché “i patrioti sardi – raccontò Meloni nel 2012, una ventina di anni dopo l’arresto – venivano addestrati nei campi militari del deserto del Sahara, agli ordini del colonnello Mu’ammar Gheddafi“.

L’indipendenza della Sardegna sarebbe dovuta scattare la notte di Natale. Con tanto di annuncio via radio accompagnato dall’occupazione di una caserma (non precisata) e dal blocco delle strade (ugualmente non specificate). Ma l’ingresso in cella interruppe i piani, o forse le fantasie, e segnò duramente la vita di quello che le cronache giudiziarie, nelle quali entro poco più che trentenne – era nato il 4 maggio del 1943 -, definivano non “leader separatista” ma più banalmente “l’autotrasportatore di Ittiri”.

Meloni tornò al sogno della rivoluzione agli inizi degli anni Duemila, quando aveva già i baffoni bianchi, lunghi e incolti, tratto distintivo di una militanza che lo stesso Doddore, trasferitosi nel frattempo a Terralba, volle deliberatamente caratterizzare con una serie di bizzarrie. Sempre sopra le righe, aiutato da quel tono esagerato e spiritoso insieme, anche per via della parlata che sembrava la caricatura di una voce dialettale. Di sicuro capace di ritagliarsi un suo seguito mediatico riuscendo, come pochi, a mobilitare giornali e tivvù che l’hanno sempre seguìto con una certa curiosità.

Doddore, nel 2008, ripartiva dallo stesso punto: dall’isoletta di Mal di Ventre, nell’Oristanese, che già nell’indagine degli anni Ottanta veniva considerata il ‘covo’ dei separatisti sardi. Era agosto quando guidò il gruppo che decise di fondare la Repubblica indipendente di Malu Entu, quella in cui si sarebbe dovuto pagare con la moneta shardana. Il tutto in nome dell’autodeterminazione dei popoli sancita dalla Carta delle Nazioni unite. E proprio all’Onu l’indipendentista di Ittiri scrisse, non mancando di inviare una lettera pure all’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

L’autoproclamata Repubblica da 0,80 chilometri quadrati, a cinque miglia marine dalla Penisola del Sinis, ebbe vita breve: a febbraio 2009, con un blitz congiunto, Corpo forestale e Capitaneria smobilitarono gli indipendentisti, accusandoli anche di danneggiamento ambientale. Ad aprile del 2014 ancora un altro avviso di garanzia, firmato dalla Procura di Brescia che indagava per terrorismo.

Il 14 febbraio del 2013 il sequestro. Meglio: il finto sequestro. “Una simulazione di reato” per la Procura di Oristano, ciò che valse a Doddore un altro rinvio a giudizio.

Sempre fuori dalla militanza, due processi con altrettante sentenze passate in giudicato e che lo scorso 28 aprile lo hanno fatto finire in carcere per somma di condanne: una a tre anni per evasione fiscale, l’altra a un anno e sei mesi per falso nella richiesta del gratuito patrocinio legale. Nulla a che vedere con l’indipendentismo. Doddore è stato punito come cittadino. Ma lui si era dichiarato “un prigioniero politico“, spiegò tre giorni prima in una conferenza stampa scegliendo il giorno di Sa Die de Sa Sardigna per presentarsi davanti al penitenziario oristanese di Massama.

Lì lo sciopero della fame e della sete, cominciato quello stesso 28 aprile. Quindi la richiesta di arresti domiciliari, da parte del suo avvocato Cristina Puddu, respinta il 20 giugno dal magistrato di sorveglianza del Tribunale di Cagliari. Nove giorni dopo le condizioni di salute peggiorate. Per Doddore scattò il ricovero. Da allora una lenta agonia fino alla morte di oggi.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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