Casi di Covid-19 in aumento in Sardegna del 26 per cento nell’ultima settimana. È uno degli indicatori più preoccupanti dell’ultimo report della Fondazione Gimbe. Ma l’Isola è una delle regioni in cui il coronavirus cresce più lentamente dopo Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, provincia autonoma di Trento. I casi attualmente positivi sono 309 ogni 100mila abitanti, un dato che pone la Sardegna più o meno a metà della classifica nazionale. Basso invece il rapporto tra positivi e casi testati: il dato si ferma al 9,5 per cento. Il numero dei ricoverati con sintomi è di 18,7 ogni 100mila abitanti, mentre in terapia intensiva ci sono 2,2 persone sempre ogni 100mila abitanti. Ieri si è toccato il record assopluto di postivi, pari a 362 (qui il bollettino diffuso dall’Unità di crisi).
Complessivamente si tratta di numeri in peggioramento rispetto alla settimana precedente. L’unico dato in miglioramento, fanno sapere ancora dal Gimbe, sono i casi testati ogni 100mila abitanti, pari a 1083. “I dati dell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione riferendosi al quadro nazionale – documentano il crollo definitivo dell’argine territoriale del testing&tracing (testare e tracciare), confermano un incremento di oltre il 60 per cento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e fanno registrare un raddoppio dei decessi. In alcune aree del Paese non è più procrastinabile il lockdown totale per arginare il contagio diffuso e ridurre la pressione sugli ospedali”.
La settimana scorsa il presidente Christian Solinas voleva chiudere la Sardegna per quindici giorni. Aveva parlato di stop&go. Poi dopo che il premier Giuseppe Conte ha firmato il Dpcm sulle chiusure di bar e ristoranti alle 18, il governatore sardo voleva riaprire tutto. Lo ha stoppato il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, spiegando che il decreto nazionale non prevede deroghe per nessuno. A questo punto Solinas può fare solo una mini-ordinanza (leggi qui)