Centrale Powercrop: è veleno “verde”?

Dopodiché si sarebbero dovuti stipulare i contratti. “Ma la Powercrop non ci ha più contattati”, rivela Francesco Erbì, dirigente ella Cia. “Meglio così – prosegue – anche perché la firma su quell’accordo fu apposta da Giorgio Piras, il nostro presidente dell’epoca,  nonostante i forti mal di pancia interni all’organizzazione. Oggi la Cia è fortemente contraria a progetti come quello targato Enel e Seci Energia, perché intendiamo produrre cibo, non biomassa”.  Giorgio Piras pagò il colpo di mano con la destituzione dall’incarico di presidente.

Rincara la dose Pietro Tandeddu, coordinatore regionale Copagri, capo di gabinetto dell’Assessore all’Agricoltura Francesco Foddis all’epoca dell’Accordo di filiera, che oggi rivela: “Per noi della Copagri, il progetto è caduto nell’oblio: non è stata condotta nessuna trattativa, perché non siamo mai stati contattati dalla Powercrop”.

Grande assente dal tavolo romano l’organizzazione di settore più rappresentativa, la Coldiretti, allora guidata da Luca Saba, che non firmò l’accordo. “Trattammo con la Powercrop prima, durante e dopo la stipula dell’Accordo di filiera – rivela oggi Saba. Avevamo detto no alle colture oleoginose, da noi ritenute non remunerative, mentre eravamo a un passo dal sottoscrivere l’accordo per la produzione di biomassa legnosa, ma poi Enel Green Power e Seci Energia non si fecero più vive”.  E la filiera? “Allo stato attuale – risponde Saba – la Powercrop ha stretto accordi con qualche piccolo produttore, ma nulla di più di qualche decina di ettari”.

IL PASTICCIO DELL’ACCORDO PER LA PRODUZIONE DELLA BIOMASSA

Insomma, ad oggi la cosiddetta filiera agro-energetica è più che altro un neologismo per specialisti. Ma allora con cosa verrà alimentata allora la megacentrale di Macchiareddu? Come mai il presidente della Cia firmò l’accordo nonostante quei “mal di pancia” interni? E perché, nonostante si fosse a un passo dal chiudere l’accordo, la Powercrop abbandonò Coldiretti?

Una delibera della giunta regionale, la 31/32 datata 20 luglio 2011, contiene la risposta a queste domande. Poco più i un anno prima, nel marzo del 2010, la Powercrop aveva chiesto alla Regione la possibilità di importare più biomassa di quella prevista nella delibera di febbraio, quella del via libera, che obbligava la società a impiegare per i primi tre anni una quota di biomassa locale pari al 30% del fabbisogno della centrale, in ottemperanza alle direttive comunitarie. Dal terzo anno, invece, la filiera locale avrebbe dovuto fornire il 70% della biomassa. Cosa significa? Semplice, che l’idea di produrre biomassa in loco, cioè l’idea della filiera”, è stata affossata ab origine, dalla stessa società e dalla Regione che, infatti, nel luglio del 2011 autorizzò la Powercrop ad importare quote più consistenti di biomassa.

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