Becciu, la consulente è ancora in cella. Avvocati chiedono la sua scarcerazione

Cecilia Marogna, la manager coinvolta nell’indagine vaticana sull’ex numero 2 della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu, arrestata a Milano la settimana scorsa su mandato dell’autorità giudiziaria della Città del Vaticano, ha chiesto ai giudici milanesi della quinta corte d’Appello, tramite la sua difesa, la scarcerazione.

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L’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare verrà trattata in un’udienza fissata per la fine del mese in cui il sostituto pg Giulio Benedetti, dopo aver depositato un parere scritto, interverrà, così come interverranno i legali della 39enne cagliaritana. La donna, se riterrà, potrà rendere rendere dichiarazioni. Il collegio invece si riserverà e avrà tempo 5 giorni per decidere.

I difensori di Marogna hanno chiesto, sulla base dell’articolo 718 del codice di procedura penale, la revoca o sostituzione della misura cautelare del carcere, decisa dalla Corte d’Appello che settimana scorsa ha anche disposto la convalida dell’arresto eseguito dalla Gdf, tramite Interpol. Per la decisione su questa istanza della difesa i giudici non avranno bisogno delle carte d’accusa del Vaticano contro Marogna, documenti che non sono ancora arrivati a Milano e che serviranno, invece, per la decisione relativa all’estradizione, per la quale verrà fissata un’udienza più avanti.

Nell’udienza di fine mese, invece, la Corte valuterà soltanto se sussistono o meno le esigenze cautelari per tenere la 39enne ancora in carcere in attesa dell’eventuale estradizione o se basterà una misura meno afflittiva, come i domiciliari, o se potrà tornare libera. Nell’udienza del 16 ottobre la manager sarda, che si era accreditata presso il cardinale Becciu, all’epoca in cui era sostituto alla Segreteria di Stato, come esperta di politica estera, non ha dato il consenso all’estradizione. Marogna è accusata di appropriazione indebita aggravata in quanto dal dicembre 2018 in poi, con la complicità di altre persone, si sarebbe appropriata in maniera illecita di fondi della Santa Sede a lei assegnati per fini istituzionali e che avrebbe utilizzato in parte per spese personali. La Corte milanese aveva disposto il carcere per la “gravità dei fatti” e il “pericolo di fuga”.

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