Alluvione, 43 indagati per il crollo del ponte dove morì l’agente di polizia

Sono 43 gli avvisi di garanzia emessi dalla Procura di Nuoro che ha chiuso il filone d’inchiesta sull’alluvione del 18 novembre 2013 che riguarda il crollo del ponte sulla provinciale Nuoro-Oliena dove morì il poliziotto Luca Tanzi e rimasero feriti altri due colleghi. La pattuglia scortava un’ambulanza e venne inghiottita dal crollo del ponte. Tra gli indagati amministratori pubblici e dirigenti di enti, tra cui l’ex presidente della Provincia di Nuoro Roberto Deriu, oggi consigliere regionale del Pd.

Tra i 43 indagati ci sono anche il comandante del Corpo Forestale della Sardegna Gavino Diana e il dirigente Carlo Masnata, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore dell’Ispettorato Forestale di Nuoro e comandante regionale del Corpo Forestale. Diverse le accuse mosse agli indagati, dall’omicidio colposo al disastro colposo a lesioni colpose. Tutti sotto accusa per il crollo del viadotto durante l’alluvione del 18 novembre 2013, in cui sprofondò un mezzo della Polizia di Stato in cui perse la vita l’agente Luca Tanzi e rimasero feriti due suoi colleghi, ma anche per i mancati controlli mentre il ciclone Cleopatra imperversava.

Sono tanti i dirigenti e amministratori di enti (Provincia, Ente Foreste, Consorzio di Bonifica, Corpo Forestale) ma anche i costruttori e progettisti della strada. L’inchiesta della Procura di Nuoro sull’alluvione, oltre al filone sul crollo del viadotto sulla provinciale Nuoro-Oliena, ha altri due tronconi: il primo riguarda l’esondazione del Rio Posada a Torpè, che portò alla morte di un’anziana.

L’altro fascicolo riguarda il bacino di Bitti, dove viveva Giovanni Farre, il cui cadavere non è mai stato ritrovato, e le strade provinciali Bitti-Sologo e quella che collega Bitti, Onanì e Lula, devastate dall’alluvione, e il cedimento del ponte sul Rio Sologo a Galtellì. “Ho la coscienza a posto – ha commentato il comandante del Corpo Forestale Gavino Diana – in quell’occasione abbiamo fatto tutto il possibile. Centinaia di persone ci hanno visto in servizio: eravamo in mezzo all’acqua, al fango, eravamo nei Comuni. La magistratura fa il suo dovere di inchiesta, a noi invece il compito di difenderci”.

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