Sull’assistenza medica e ospedaliera sarda, sempre più allo sfascio, riceviamo e pubblichiamo l’ennesima storia di malasanità. Arriva dal Sulcis e ha per protagonista un’anziana di 86 anni residente a Giba. Per tutelare la privacy della paziente, omettiamo la firma in calce per esteso (che è della nipote, di cui indichiamo solo le iniziali di nome e cognome).
Oggi mi sono recata presso il Poliambulatorio San Ponziano di Carbonia per consegnare la richiesta di visita fisiatrica a domicilio per una zia di 86 anni allettata e impossibilitata, quindi, a raggiungere le strutture sanitarie.
La richiesta nasce dall’esigenza di valutare le sue condizioni di salute e di ottenere dei supporti medici, quali un sollevatore e una carrozzina in modo tale da poterla sollevare e farle prendere qualche ora di respiro nel suo amato giardino.
Premetto che la settimana prima mi sono recata all’ufficio apposito per richiedere le informazioni su come portare avanti la richiesta e l’impiegata mi comunicava che era necessaria la certificazione del solo fisiatra della Asl, e non di un privato.
Oggi (lunedì 8 agosto, ndr) mi comunicano che nella struttura c’è solo un fisiatra e le visite a domicilio arrivano fino a San Giovanni Suergiu e non fino a Giba (il paese di residenza di mia zia). Il paradosso è evidente: per richiedere degli ausili medici è necessaria la certificazione del medico della Asl che però non fa visite a domicilio nel paese in cui risiede la persona allettata.
Io non me la prendo con il fisiatra che sarà oberato di lavoro e non può sopperire da solo a tutte le richieste del distretto di Carbonia. Ma sono due anni che lottiamo contro il malfunzionamento dei servizi, le mancate visite mediche anche con impegnativa urgente, i ritardi nella somministrazione dei vaccini, l’assistenza ambulatoriale bloccata, viaggi a 100 chilometri di distanza per controlli specialistici a pagamento senza che venga rispettato il diritto alla salute di tanti malati del nostro territorio.
M. T.