Le primarie del centrosinistra e la deriva conservatrice

Egregio direttore,

sono Jacopo Fiori, uno studente dell’ultimo anno della facoltà di Giurisprudenza di Cagliari.

Le scrivo perchè vorrei rispondere pubblicamente all’articolo di Lilli Pruna apparso su Sardinia Post nel quale si invitavano i partiti del centrosinistra ad abbandonare le primarie. LEGGI L’INTERVENTO

Scrivo anche perché da giovane sardo sono francamente preoccupato (vorrei dire stupito, ma purtroppo oggi non lo sono più) della deriva conservatrice, e in questo caso forse addirittura restauratrice, della classe dirigente degli attuali partiti di centrosinistra sardi. Trovo disarmante la sicumera con la quale rispettabilissimi signori diventati adulti più o meno tra il 1968 e il 1989 descrivono le forme di organizzazione politica e di selezione del personale politico da loro conosciute e vissute in gioventù come le uniche possibili e le uniche funzionanti. E mi pare che qui in Sardegna sia, se possibile, più marcata che a livello nazionale la tendenza dei burocrati di partito a tornare sempre a “su connottu”, a rinchiudersi nei loro piccoli recinti nei quali però possono esercitare la loro signoria e a proteggersi sempre da qualsiasi innovazione che non abbiano la certezza matematica di governare.

Ma tornando a noi, e all’articolo di Lilli Pruna, vorrei risponderle in aperta contestazione evidenziando tre criticità secondo me decisive nel suo ragionamento.

La prima riguarda la contraddittorietà di alcuni passaggi.
La seconda la scarsa attenzione al quadro normativo (e quando si parla di regole, sia pure procedurali, è bene farci attenzione).
E la terza, più di merito, attiene invece all’idea che emerge dalle sue parole circa l’identità del Dominus dei processi decisionali e di selezione del personale politico.

Ed è questa, in ultima analisi, a farmi venire il dubbio che Lilli Pruna sia una “conservatrice” dal punto di vista dei metodi della politica.

Passaggi contraddittori; la prima domanda che mi son posto, leggendo l’articolo, è come si possa realizzare, una volta che siano state eliminate le primarie, la “partecipazione degli elettori all’elaborazione di un progetto politico  promossa e organizzata in altri modi e con finalità più ampie rispetto alle primarie” se allo stesso tempo si teorizza la “responsabilità piena e diretta (da parte dei partiti) di costruire un progetto politico per questa regione, attorno al quale raccogliere il consenso più ampio”.

Non nota professoressa Pruna, una certa tensione tra la Partecipazione (quella autentica per lo meno) degli elettori alla costruzione di un progetto politico e la “Responsabilità Piena e Diretta” dei partiti di costruire un progetto politico “attorno al quale raccogliere consenso” (proposta che denota più un’adesione passiva che una costruzione partecipata)?

La seconda domanda invece è sorta leggendo l’ultima riga dell’articolo; si parla della necessità di una figura (si sta parlando del candidato alla presidenza della regione) “che restituisca fiducia ai cittadini” ma allo stesso tempo si pretende che non sia selezionata da loro ma dai partiti. Peccato che la fiducia nei partiti politici si attesti intorno al 5%. E allora, se i cittadini già adesso non hanno fiducia nei partiti e se i partiti decidono di sottrarre ai cittadini la selezione del candidato alla presidenza, per quale strano motivo i cittadini dovrebbero avere fiducia in questa figura?
Non nota un certo cortocircuito?

Quadro normativo; per quanto concerne la mia seconda critica mi ha stupito il fatto che la prof.ssa Pruna, dopo anni e anni di studi del mercato del lavoro (e quindi presumo anche delle sue regole) non abbia maturato la sensibilità necessaria per tener conto, quando affronta il tema della selezione del candidato alla presidenza della regione, del quadro giuridico vigente.
Scrive infatti che “il progetto politico da proporre agli elettori non dovrebbe essere definito dal candidato/a alla presidenza ma dovrebbe essere l’espressione delle idee di un partito, della sua visione del mondo, o – meglio – di una aggregazione di partiti e movimenti che facciano riferimento ad un’area politica condivisa “ e si scaglia con veemenza contro una pre-selezione che premi un leader e un suo programma piuttosto che quello scritto dai partiti.

Che per carità, sono idee valide e rispettabili (tipiche della democrazia consociativa e di un periodo non così fecondo dal punto di vista della stabilità e della governabilità della regione) che però male si adattano alla legge elettorale della Regione Sardegna, che prevede l’elezione diretta del presidente della regione con la possibilità di voto disgiunto (il che comporta, è abbastanza evidente, un rapporto diretto tra candidato e cittadini, la disintermediazione e la possibilità, da parte del candidato, di aggregare intorno al suo programma un consenso più ampio di quello riferibile ai partiti che costituiscono le liste a suo sostegno).

La terza e ultima critica come ho detto riguarda l’identità del Dominus del processo decisionale e di quello di selezione.

Su quello decisionale l’idea della professoressa è chiara e leggibile. Sono i partiti a dover comporre il programma e decidere quali saranno le politiche che dovrà mettere in atto la Regione Sardegna.
E quello che vorrei chiedere alla prof.ssa è :- davvero crediamo che il sapere necessario per costruire un programma su base regionale sia completamente posseduto da questi decadenti partiti sardi e non invece da un’intelligenza collettiva diffusa in tutta la società sarda e da mettere insieme in questa occasione? Davvero è’ meglio se la direzione politica la esprimono ancora i Dirigenti (che nonostante i fallimenti di anni e anni sono sempre ai posti di comando) o se finalmente con molta umiltà i partiti Ascoltano un po’ i suggerimenti che arrivano dall’elettorato?

Sul processo di selezione l’articolo è un po’ vago: “i partiti dovrebbero individuare un gruppo di persone serie e competenti che sappia realizzarlo concretamente “(il programma). E quindi si sta riferendo agli assessori e forse ai candidati consiglieri, “guidate da una persona con un profilo idoneo a svolgere il ruolo di Presidente”.

E come si può non essere d’accordo? Io per la verità non mi accontenterei di “una persona con profilo idoneo”. Rilancio. Voglio un presidente perfetto. Non mi accontento di assessori e consiglieri Seri e Competenti. Voglio che siano i migliori in assoluto.

Ma il punto non è tanto aspirare ad averli bravi, quanto capire chi è che da il patentino di Serio, di Competente e di Idoneo. Se l’idea è che siano i dirigenti di partito mi sa che non ci siamo proprio. Perchè mi chiedo da che pulpito venga il giudizio sulla competenza e sulla serietà.

Come sostengo da tempo è il caso che alle primarie ogni candidato a capo di un esecutivo indichi anche a grandi linee quella che sarà la sua squadra di governo, in modo tale che siano ancora i cittadini (giudici nella mia esperienza migliori dei burocrati di partito) a individuare il programma più solido e la squadra più credibile.

In chiusura faccio una piccola precisazione, per sottolineare dei punti di contatto nei confronti di elezioni primarie che non sempre funzionano perfettamente. Siamo d’accordo nella critica all’indizione delle primarie a luglio (che con tutta evidenza non permettono la costruzione di programmi seri da presentare agli elettori). Siamo d’accordo sul fatto che a volte ci si concentri troppo sulle persone e troppo poco sulla costruzione partecipata di programmi,Ma anche a questo si può rimediare e comunque ricordiamoci che stiamo sempre parlando di uno strumento in grado di ampliare notevolmente il coinvolgimento dei cittadini e che ciò che non ha funzionato è stato (e comunque in certi casi, non in tutti) l’utilizzo.

Ma se il problema è l’utilizzo sbagliato, proviamo a concentrarci su quello,e non sullo strumento. Altrimenti facciamo come quelli che danno la colpa a Twitter del clima di tensione che c’è nel Paese.

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