Altro che ‘programmi’, bisogna cambiare la politica

In due articoli, Massimo Dadea e Letizia Pruna pongono il problema del futuro politico della Sardegna in termini stringenti, come è necessario fare. Fra un anno ci saranno le elezioni sarde e, come minimo, rischiamo di ritrovarci Cappellacci per ancora cinque anni, con un’opposizione ai minimi termini.

I raggruppamenti di carriera che innervano la politica sarda, che hanno fatto ostruzionismo al governo riformista di Soru, che hanno amoreggiato in lungo in largo con Cappellacci, magari sottobanco, sono abbastanza attivi in questo momento per cercare di individuare qualche punto di appoggio che gli consenta di lucrare qualche scranno, insomma per sopravvivere. La sinistra e gli indipendentisti anche: sono molti gli incontri, ufficiali e non, che vedono in tutta l’Isola incontrarsi esponenti vedovi e orfani di diverse paternità, impauriti dal nuovo.

Il problema è: come garantire la difesa della Sardegna, della sua gente, dei suoi diritti, in questa terribile fase di crisi?
In tutti i discorsi che si producono su questa fase, compresi quelli di Dadea e di Pruna, esiste una rimozione gigantesca, impressionante. Essa riguarda i risultati delle ultime elezioni politiche, e in particolar modo in Sardegna. In queste elezioni, giova ricordarlo ai nostri due amici e ad altri distratti, il Movimento Cinquestelle ha preso (al Senato) 244.610 voti (28,73%) e alla Camera 274.834 (29,68%). Più di tutto il centro-destra e di tutto il centro-sinistra, presi singolarmente.

Dadea e Pruna affiancano a questa rimozione un meccanismo automatico da vecchia sinistra sconfittista. Partiamo dal programma! Sarà per evitare di parlare di altro?

Chi ragiona così si illude sulla natura della fase politica attuale. La sfida che i grillini pongono non è sul programma. Il loro programma riprende in tantissimi punti quello che fu della Giunta Soru. Il loro programma è simile a un buon programma di sinistra. E di programmi buoni ne sono circolati tanti. Quello che invece non circola più è la fiducia degli elettori sulle capacità del ceto politico tradizionale, unico orizzonte dei due scriventi, di applicare anche solo il 10% di quello che promettono nei vari programmi. Per avere fiducia, occorre avere un minimo di garanzie e di controllo sugli eletti e sulla loro azione politico-istituzionale. E’ proprio questa la promessa grillina, pur con tutte le sue contraddizioni e i barocchismi da scontrino. In questo senso, la sfida non è programmatica, ma organizzativa. Di organizzazione della rappresentanza, e di una sua modifica radicale.

Di questo tipo di (difficile) risposta, nessun accenno negli articoli di Dadea e di Pruna. In quello di Pruna solamente un riferimento al ritorno verso modelli di formazione della rappresentanza ancora meno democratici delle primarie. Rispetto a primarie farlocche, dice Pruna, meglio non farle direttamente. La sua proposta non è “farle meglio”, ma proprio non farle. Questo per dire l’affezione alla democrazia di Pruna e di SEL. Ora, se è vero che le primarie organizzate da SEL ultimamente sono state meno democratiche dell’elezione del Soviet Supremo in URSS, e la capacità di poter incidere dei suoi elettori è stata nulla, è pur vero che le primarie, reinventate in Italia, sono state l’unica ragione per cui una certa percentuale di masochisti continua a votare il PD e a tenere in piedi questo simulacro di sinistra che ci ritroviamo.

Riassumendo, la proposta di Pruna in questa fase è 1): Ripartiamo dal “programma” 2): aboliamo le primarie 3): che sia nuovamente il Comitato centrale a nominare i candidati alle elezioni. Il punto 3) essendo chiaramente il pilone di tutto il ragionamento e il punto 1) meramente di facciata.

La mia è 1): ripartiamo dalla partecipazione, anche con piattaforme digitali, che si ponga come ambito tutti gli elettori di sinistra e dell’area indipendentista/sovranista e li tenga assieme, insomma la base del rinnovamento in Sardegna. Che sia l’occasione per creare un’organizzazione autonoma sarda per la formazione di una rappresentanza dei nostri interessi che poi non voti a Roma per l’allargamento delle basi militari italiane, per dire. In questo senso, sarebbe importante che questa piattaforma si limiti alla sola Sardegna 2): definiamo le priorità in modo partecipato. Una piattaforma solo sarda sarebbe un utile contraltare a quella grillina, che comporterà semplicemente il rafforzamento di un nuovo franchising, quello M5S, da aggiungersi ai partiti “italiani” di Sardegna, con un’agenda decisa a Roma 3): optiamo per una procedura partecipata e trasparente per la definizione delle candidature, cioè “primarie fatte bene”, anzi benissimo.

Anche nel mio caso il punto 3) è centrale, perché costituisce il trait d’union fra la fase di creazione del consenso e quella di formazione della rappresentanza. Credo, all’opposto di Pruna, che le primarie siano state rovinate proprio dal desiderio di controllarle e di limitarle, quasi fossero congressi di partito allargati. Bene, si fissini altre regole, si escluda la più larga parte di chi ha già fatto politica, si cerchi nuova leadership nella società, perché esiste. Le carriere politiche o, peggio ancora, le carriere politiche in quota società civile (falsa) provocano la sconfitta. Devono essere stoppate radicalmente, insieme alle intollerabili derive familiste che abbiamo visto imperversare, purtroppo anche nelle quote rosa, al momento del tutto sputtanate.

Purtroppo, nessun attore politico è oggi in grado di mettere su un Comitato di salute pubblica della sinistra e del sovranismo che applichi le uniche idee che mi sembra possano rispondere alla sfida grillina, che si gioca non certo sul programma, ma sul lato organizzativo della politica. Tutti sono impegnati a mettere il proprio cappello su iniziative “programmatiche” di dubbio respiro. Nella migliore delle ipotesi, perché ci credono, in altre, per necessità di pararsi il culo. La sinistra e l’area sovranista avranno la responsabilità di un’altra sconfitta storica, eppure continuano a trastullarsi e a illudersi. Come quella nazionale, preferiscono morire che cambiare, o abbandonare una scena pubblica che vanamente occupano, per sostenere iniziative veramente incisive.

Alla fine, non ci rimarrà veramente che Grillo e i suoi barocchismi per stoppare il ritorno della destra, che in Sardegna è il partito dei nuovi podatari e dei compradores, coloro che lucrano sulla distruzione della nostra Isola e sulla sua umiliazione. Ancora una volta, invece di sviluppare da Sardi protagonismo politico, visiteremo i vari franchising della politica presenti in Sardegna, e spereremo nel meno peggiore. E tutto questo, per non corrispondere al dovere di essere creativi, massima nostra paura.

Alessandro Mongili

 

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