di Andrea Tramonte
È difficile parlare di semplice emergenza. Ormai la situazione è strutturale, alla luce delle conseguenze dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo. Le campagne soffrono per la siccità e la grave crisi idrica che ha colpito in particolare la Sardegna orientale, tra Bassa Gallura, Baronia e Ogliastra. Le restrizioni dovute alle difficoltà negli invasi di Maccheronis e Posada hanno portato a un razionamento delle risorse idriche, privilegiando l’uso civile, idropotabile, e penalizzando proprio l’irriguo: che significa economia rurale, agricoltura e allevamento, senz’acqua. Un caso emblematico è quello di un allevatore di Tertenia che nell’ultimo periodo si è trovato – insieme a numerosi altri colleghi della zona – a non poter dare da bere alle proprie mandrie di bovini e vitelli. Come raccontava Coldiretti, per sostentare i suoi animali il pastore ha bisogno di circa 6mila litri di acqua al giorno e riusciva a stento, con mezzi di fortuna, a portarne una piccola parte con diversi viaggi giornalieri. La Giunta Todde garantirà ai circa 70 allevatori in sofferenza di poter dare da bere agli animali grazie all’uso di autobotti in collaborazione con Protezione civile e Forestas, ma la situazione dà bene l’idea della grave crisi in cui si trovano le campagne in questo momento. E che sarà aggravata nel corso dell’estate, in attesa di un auspicabile ritorno delle piogge in autunno.
“Il grande accusato è sempre l’agricoltura – dice a Sardinia Post il direttore di Coldiretti Sardegna, Luca Saba -, si dice che consumi troppa acqua ma è importante stabilire un principio: non la ‘consuma’, la utilizza. E la restituisce in cibo. E quella che non usa finisce nella falda”. Saba snocciola alcuni dati: “In Sardegna consumiamo 800 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, più della metà per il settore irriguo, 250 milioni per l’idropotabile e 50 milioni per uso industriale. Ma da quel dato per le campagne bisogna togliere più del 50 per cento che perdiamo per colpa di reti vetuste: appena l’acqua esce dalla diga è già persa. Questo significa che potremmo recuperare altri 250 milioni e utilizzarli per la popolazione o anche per l’agricoltura se facessimo un grande piano di ristrutturazione delle reti”. È quello che l’associazione agricola chiede da tempo, con la proposta di finanziare con il Pnrr un piano di interventi massiccio e definitivo per la sostituzione delle reti. Molte delle quali, spiega Saba, “contengono amianto. Si tratta di interventi che riguardano anche la sicurezza sanitaria e ambientale”.
Ma gli effetti dei cambiamenti climatici sono noti ormai da tempo e li stiamo sperimentando quotidianamente: temperature più alte, precipitazioni intense concentrate solo su alcuni territori, eventi meteorologici estremi. “La zona Ovest sorride perché i bacini sono pieni, quella a Es piange perché non è piovuto – commenta Saba -. Se potessimo portare l’acqua da una zona all’altra parleremmo di una situazione diversa. Il Tirso sverzava a mare perché era pieno mentre il Basso Flumendosa è sotto di oltre 200 milioni di metri cubi d’acqua. Bisogna completare i processi di conservazione dell’acqua, potenziare dighe e canali di interconnessione, curare le reti in uscita. Sappiamo che in previsione la situazione potrà peggiorare per cui bisogna lavorare per evitare che l’acqua venga sprecata e puntare su opere di inerconnesione trasversali che consentano ai bacini di poter fare da vasocomunicanti nel caso uno di loro sia pieno”. Ma è chiaro che anche nei processi di lavoro si possano e si debbano migliorare diversi aspetti. Come nell’irrigazione, con una gestione più razionale e mirata delle risorse idriche considerando ormai l’acqua come un bene finito.
“Ma il discorso è collegato a quello di prima – precisa Saba -. Se l’acqua è chiusa per l’agricoltura e non ci sono sicurezze sul reddito gli investimenti non si fanno. Certo bisogna puntare sull’irrigazione localizzata al posto di quella per aspersione, a getto, laddove è possibile. Ma le innovazioni devono essere incardinate in un quadro che prevede la modifica delle reti. E poi bisogna predisporre dei bandi specifici per il risparmio idrico, che i Psr non hanno”. Ora il prossimo passaggio sarà quello di proclamare lo stato di calamità naturale nella zona. Non ci sono ancora delle stime delle perdite ma saranno alte. Intanto però arriveranno ristori immediati con le autobotti per dissetare gli animali e aiutare le campagne. “Un elemento di vicinanza delle istituzioni è far sentire l’immediatezza dell’intervento – conclude Saba -. Avevamo chiesto alla Giunta Todde di lavorare perché venissero semplificate le procedure e sono stati attribuiti poteri speciali in deroga all’Autorità di bacino per consentire di tagliare i tempi. Per questo ringraziamo. Quando uno sta male e ha bisogno di acqua bisogna dargliela subito, altrimenti è la fine”.