Siccità in Sardegna, come ‘sopravvivere’ ai cambiamenti climatici: l’analisi dell’esperta

di Andrea Tramonte

Il Mediterraneo è uno degli hotspot del cambiamento climatico e la Sardegna ne è un esempio chiaro. Le temperature aumentano e c’è una alternanza di siccità ed eventi climatici estremi di cui sentiremo sempre più le conseguenze nel corso degli anni: l’emergenza idrica di questi mesi, per quanto ancora tenuta parzialmente sotto controllo, è una avvisaglia di problemi che peggioreranno in futuro. “Passiamo da periodi in cui piove tanto e in momenti inusuali ad anni in cui invece piove molto poco e in modo concentrato”, spiega a Sardinia Post Vania Statzu, economista ambientale e vicepresidente della fondazione Medsea che da anni mette in campo progetti per affrontare l’emergenza climatica nell’Isola. Le conseguenze sono serie: la siccità mette a rischio il lavoro nei campi e rischia di intaccare le risorse idriche anche per uso civile, mentre i cosiddetti eventi estremi – come le grandinate improvvise, le piogge intense fuori stagione – distruggono colture e non danno benefici al terreno. “Quando dopo un periodo siccitoso arrivano precipitazioni intense il terreno, arido, non è predisposto ad assorbire quantità enormi di acqua – spiega l’esperta -. Così l’eccesso rischia di compromettere le colture”. 

Diversi studi certificano quello che si percepisce già a livello di senso comune: anche in periodi in cui piove abbastanza il livello delle precipitazioni è molto inferiore rispetto agli anni Sessanta. “Quest’anno poi è stato caratterizzato anche dall’assenza di gelate – spiega Statzu -. Questo può certo favorire le colture ma non è senza conseguenze perché le gelate garantiscono l’umidità del terreno, che in loro assenza rimane secco. L’effetto di mancanza di umidità e di precipitazioni sufficienti si sente anche nelle colture che hanno bisogno di poca acqua e che soffrono particolarmente”. 

La vicepresidente di Medsea ricorda anche come dopo la grande siccità di inizio secolo la gestione integrata e la pianificazione regionale siano stati in grado di proteggere il sistema e di superare le situazioni più critiche, anche in periodi di maggiore siccità. Ma il quadro diventa sempre più pesante e lo stress test è arrivato quest’anno, con la grave sofferenza della zona orientale della Sardegna, tra diga di Maccheronis e Posada. Il punto chiave, allora, è quello di mettere in campo delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. “Ne esistono diverse – spiega Statzu – e prima di tutto occorre usare meno acqua e meglio. In agricoltura servono pratiche di irrigazione migliori attraverso la tecnologia: sistemi a goccia, microirrigazione, subirrigazione. Ancora oggi vengono praticati sistemi di irrigazione a pioggia che funzionano senza un vero controllo: vengono aperte le pompe e l’acqua scorre senza sapere se venga usata in modo efficiente. Capita di passare sulla 131 alle 2 del pomeriggio e vedi questo genere di irrigazione: ma con il caldo l’acqua evapora prima e non arriva a terra. Uno spreco”. 

La fondazione ha portato avanti un progetto, Maristanis, finalizzato a migliorare la conoscenza delle zone umide, a realizzare una gestione integrata delle zone umide costiere, a ridurre le minacce sugli ecosistemi marini e a promuovere un uso efficace delle risorse idriche. All’interno dell’iniziativa è nata Smart GeoSurvey, una startup che ha sviluppato delle tecnologie proprio per migliorare le tecniche nell’agricoltura per arrivare a un risparmio anche del 30 per cento delle risorse idriche, attraverso l’uso di droni e di mappe multispettrali. “Un po’ come si facesse una tac al terreno – spiega Statzu – per capire dove l’acqua è necessaria e dove invece no. Abbiamo visto che riducendo l’erogazione si raggiungevano comunque gli obiettivi di produzione. Se poi all’utilizzo del drone aggiungi anche i macchinari dell’agricoltura 4.0 gli effetti sono ancora migliori.  Naturalmente queste tecnologie hanno dei costi per gli agricoltori e si possono ammortizzare più facilmente laddove le estensioni dei campi sono maggiori”. Medsea ha avviato una sperimentazione insieme a Riso Ferrari – in collaborazione anche con Coldiretti Oristano e Liverani servizi – con l’obiettivo di ridurre il consumo di acqua e salvaguardare l’ambiente, attraverso una serie di tecniche sperimentali come il sistema aeromobile a pilotaggio remoto che, attraverso l’impiego del drone, permette di monitorare in modo preciso lo stato di salute delle coltivazioni. I dati vengono trasmessi a un software: le informazioni parlano di indice di vitalità del riso, stress idrico, umidità e temperatura del terreno.

Gli agricoltori si adattano al clima anche cercando varietà diverse, antiche o nuovi ibridi che mantengono una buona produttività anche con meno acqua e temperature più elevate. “Gli scenari climatici più estremi ci dicono che laddove aumentano le temperature e ci sono meno precipitazioni – ragiona l’esperta – ci può essere una diversificazione delle colture attuali. Alcuni cambiamenti più profondi sono previsti per fine secolo, in base alle stime che abbiamo a disposizione, ma già oggi vediamo l’introduzione di frutti tropicali nel Mediterraneo”. E poi ci sono altri modi per reperire l’acqua. “Quella sotterranea, per esempio, ma nel prelievo bisogna fare attenzione per non prosciugare le falde. Se queste si trovano nelle zone costiere poi si può determinare il fenomeno dell’intrusione salina nell’acqua dolce. Ci sono delle conseguenze nei suoli se si introduce acqua di mare. E poi ci sono i dissalatori, che richiedono l’utilizzo di molta energia, anche se le tecnologie migliorano costantemente, ma c’è il problema del sottoprodotto della dissalazione: la salamoia, ovvero i sali estratti dall’acqua di mare. Uno scarto che in molti paesi europei non viene riutilizzato o smaltito e viene ributtato in mare con conseguenze negative sull’ambiente”.

E poi ci sono le cosiddette risorse idriche non convenzionali, ovvero “quelle che si ottengono dal recupero delle acque reflue attraverso la depurazione, per usi agricoli o civili, anche se magari non potabili. Un altro campo in cui si dovrebbe investire”.  C’è il progetto Mediss per la sperimentazione su irrigazioni alternative – in Sardegna l’area scelta è quella di Arborea – con soluzioni innovative nell’utilizzo delle acque reflue trattate e nella desalinizzazione delle acque salmastre, per ridurre lo stress sull’acqua dolce nel lungo periodo ma lavorando anche sulla diversificazione delle colture. A Villasimius è già attivo un sistema di recupero di acque depurate per scopi irrigui.

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share