di Andrea Tramonte
La diga di Maccheronis l’anno scorso aveva una dotazione di acqua pari a 15 milioni di metri cubi. Quest’anno poco più della metà: circa 8. La grave crisi che ha colpito in particolare Bassa Gallura e Baronia – ma anche l’Ogliastra – è arrivata a un punto di non ritorno, tanto che la Giunta Todde ha riunito urgentemente tutti gli attori in campo – Egas, Enas, Consorzi di Bonifica, Autorità di Bacino, Abbanoa – per dare vita a un tavolo permanente che valuti le diverse soluzioni, a un monitoraggio delle azioni messe in campo e a un coordinamento costante tra gli enti. La presidente della Regione, Alessandra Todde, aveva lanciato l’allarme numeri alla mano: senza interventi immediati il rischio era quello di non avere acqua potabile da fine luglio. Parliamo peraltro di territori che si avviano ad affrontare l’inizio della stagione estiva, che significa turismo e che comporta un aumento significativo di persone nei diversi centri del territorio. Budoni, per fare un esempio, passa da 5.600 residenti durante l’anno agli 85mila solo d’estate, con un aumento esponenziale del consumo di risorse idriche. L’intervento di Giunta e Autorità di bacino ha dirottato parte dell’acqua – per dirla in estrema sintesi – dal comparto irriguo a quello idropotabile. La coperta in quei territori era corta e si doveva fare una scelta. Dettata sia dalla legge che dal buonsenso. Ma le campagne quest’estate soffriranno e ci sono almeno una settantina di allevatori della zona che rischiano di non poter dare da bere ai loro animali. “Interverremo – dice a Sardinia Post l’assessora regionale alla Difesa dell’ambiente, Rosanna Laconi (Pd) -. Stiamo giusto definendo l’accordo finale tra noi, Protezione civile e Forestas ma sappiamo già quante autobotti serviranno, quanta acqua al giorno dovremo garantire. Non li lasceremo soli”.
Il problema non è solo quello delle scarse precipitazioni, una emergenza che sarà ancora più grave negli anni a venire a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici: l’aprile del 2024 è stato il meno piovoso degli ultimi 15 anni. Il tema – serio – è anche quello delle perdite delle condotte che collegano i bacini ai diversi territori. Quelle certificate di Abbanoa raggiungono una quota del 52 per cento, con una media nazionale del 40. Uno spreco di acqua che non va bene quando ce n’è in abbondanza, figuriamoci ora. C’è una questione di infrastrutture che vanno rese più efficienti e questo implica tempi più lunghi di intervento. “La diga di Maccheronis non ha interconnessioni con altri invasi – spiega a Sardinia Post l’assessore ai Lavori pubblici della Giunta Todde, Antonio Piu (Alleanza Verdi Sinistra) -, ad esempio col Liscia che è a pieno regime. Quel bacino arriva fino a San Teodoro ma serve il paese solo per metà”.
C’è consapevolezza che lo sguardo dovrà essere lungo per non rischiare di trovarsi di nuovo alle prese con un’altra situazione del genere. “Quello che ci aspetta è un innalzamento costante delle temperature – prosegue Piu – e la nostra posizione geografica ci mette in una condizione particolare: in alcuni casi le precipitazioni, penso alle grandinate improvvise, fanno danni e garantiscono pochi benefici. L’Isola viene da una programmazione difficile nella costa orientale, al Sud invece la situazione è buona col Tirso. Il Nord regge con il Coghinas ma nel territorio – penso alla Nurra – ci sono difficoltà”. Intanto la Giunta – su proposta di Piu – ha approvato un finanziamento per lo studio e la progettazione di un nuovo sistema di derivazione e distribuzione dell’acqua dall’invaso di Maccheronis sul fiume Posada. E poi c’è il piano straordinario contro la siccità, con 51 interventi complessivi per mettere in sicurezza il sistema, migliorare le condotte e le interconnessioni: diversi progetti sono già pronti e altri verranno valutati tra quelli già messi in campo in base alle priorità e alle urgenze. Servono complessivamente 151 milioni.
Nel 2006, all’epoca della Giunta Soru, c’è stata una riforma del settore in Sardegna: la legge 19 ha istituito il sistema idrico multisettoriale che ha reso integrata la gestione di invasi e bacini. Prima c’erano i singoli gestori, per esempio dei laghi, che erogavano l’acqua senza doversi preoccupare degli altri territori. Con la creazione dell’Enas – l’Ente acque della Sardegna – e dell’Autorità di bacino è stata istituzionalizzata la pianificazione regionale delle risorse idriche, superando la frammentazione del sistema precedente. È l’Autorità a stabilire quanta acqua prelevare dai bacini e ad assegnare le risorse in base alle necessità dei singoli territori. I settori sono tre: quello idropotabile – gestito da Abbanoa -, quello industriale che fa riferimento a otto Consorzi e quello agricolo con i Consorzi di bonifica. La riforma ha consentito di gestire meglio le risorse e di pianificare i travasi da un serbatoio all’altro, da zone meglio “servite” ad altre più svantaggiate, sfruttando le interconnessioni.
L’Autorità pubblica ogni mese un bollettino coi dati riferiti a laghi, dighe, bacini e quello che emerge – l’ultimo è di aprile 2024, con un raffronto con l’anno precedente – è un significativo peggioramento della dotazione di acqua all’interno di tutti i bacini. Se nel 2023 era di un miliardo e 387 milioni di metri cubi d’acqua, quest’anno siamo a un miliardo e 234 milioni, da un riempimento al 76 per cento un calo fino al 65: undici per cento in meno nel corso di 365 giorni. Quest’anno idrologico – i tecnici lo calcolano dal primo ottobre al 30 settembre – è uno dei più magri da quando esistono misure sistematiche, cioè dal 1922. Tutta la fascia orientale – dalla Gallura fino al Sarrabus-Gerrei – ha vissuto il suo anno peggiore o il secondo caso critico (dipende dalle zone) degli ultimi cento anni. Causa di mesi di siccità dopo due anni estremamente critici. Tutti i sistemi regionali sono in sofferenza.
Le utenze industriali non avranno restrizioni, mentre le campagne sì. La situazione più critica è quella relativa al Consorzio di bonifica della Sardegna centrale, che fa riferimento a Maccheronis. Mentre per il Cedrino e il Tirso la situazione è relativamente tranquilla, il Posada soffre pesantemente. Il sistema qui funziona a regolazione annuale: significa che la pianificazione non avviene su più anni – come accade per il Flumendosa, che nei periodi di abbondanza incamera acqua da distribuire nei periodi di siccità – ma dall’inverno all’estate. In un anno difficile come questo c’è stato un deflusso che è pari alla metà dell’anno più magro dal 1922: una situazione che avrà pesanti ripercussioni sul comparto agricolo della zona. La delibera dell’Autorità di bacino del 7 maggio assegna solo quattro milioni di metri cubi d’acqua. Restrizioni anche nel sistema Flumendosa-Campidano, con una dotazione di 114,5 metri cubi di acqua quando normalmente siamo a 135, 137. In questo caso è stato attivato un trasferimento di risorse dal Tirso.
C’è da dire comunque che nell’ultimo anno sono partiti grossi lavori di manutenzione straordinaria – finanziati col Pnrr – che interessano buona parte dei sistema idrico multisettoriale regionale, gestiti dall’Autorità di bacino. Gli interventi riguardano anche le reti a più forte perdita, uno dei temi cruciali per capire come sia stato possibile arrivare a una simile situazione di crisi. Se la metà dell’acqua a uso civile viene persa, quella industriale raggiunge quote del 12 per cento o giù di lì, quella irrigua anche punte del 20. C’è da considerare poi anche l’estensione della Sardegna e la dispersione dei centri abitati: a fronte di una densità abitativa di 68 abitanti per chilometro quadrato l’erogazione del servizio idrico necessità di reti di adduzione per circa 4.300 chilometri e di distribuzione per circa 7.600. Buona parte delle infrastrutture risale agli anni ’70 e ’80 con materiali desueti. L’Egas – l’Ente di governo dell’ambito della Sardegna, il cui cda è composto da sindaci – ha proposto di inserire tra le opere prioritarie del Pnrr proprio di inserire interventi strutturali e di messa in sicurezza del settore idrico, per un importo di 168 milioni. I lavori verranno completati entro il 2027 e dovrebbero portare benefici specie sul fronte della dispersione dell’acqua: in particolare un finanziamento di 53 milioni è stato assegnato all’Egas a fine 2022 proprio per il contenimento delle perdite idriche.
Ma la questione va oltre i lavori pubblici e l’efficientamento – necessario – delle reti. Il problema è quello di attuare strategia di adattamento ai cambiamenti climatici che provocano effetti visibili da tempo. La siccità è uno di questi. “Uno degli elementi chiave – dice l’assessora Laconi – è quello di raggiungere l’obiettivo di arrivare a emissione zero di Co2 entro il 2050. Sembra una meta lontana ma dobbiamo avvicinarci al traguardo rapidamente. Eventi estremi si susseguono a una velocità impressionante: siccità, alluvioni, incendi”. La strategia si deve muovere su più livelli. “La transizione energetica – dice l’assessora – che non sia una speculazione ma che risponda ai nostri obiettivi e al nostro piano energetico regionale, una produzione che sia funzionale alle nostre attività industriali, dei trasporti, ma anche per uso domestico”. C’è il tema della cattura di Co2, “migliorando la gestione del patrimonio boschivo e incrementarlo piantando più alberi”. E poi ovviamente la gestione dell’acqua, attraverso incentivi a un uso più consapevole e razionale delle risorse. “L’acqua è una risorsa finita e dobbiamo ridurne gli sprechi anche fino all’esasperazione. Tutti devono fare la loro parte, anche i singoli cittadini. Ci sono diversi comportamenti banali – come tenere aperto il rubinetto mentre ci si lava i denti – che portano allo spreco. Io credo che la carota sia meglio del bastone e nell’ambito dell’agricoltura e dell’irriguo si debba incentivare la trasformazione della metodologia di irrigazione. Anche ragionando su certe colture che ormai non sono più sostenibili per il loro bisogno di acqua. Come Regione daremo un supporto e incentivi. Non abbiamo molte alternative: o cambiamo o c’è la desertificazione”.