Museo all’aperto grande quanto l’Isola: l’archeologia sarda punta all’Unesco

Il primo fu, 23 anni fa, il sito del villaggio Su Nuraxi di Barumini: nel 1997 riuscì ad ottenere il riconoscimento dell’Unesco come patrimonio dell’umanità. L’area archeologica, scoperta e portata alla luce nel corso degli anni ‘50, durante gli scavi condotti dal grande archeologo Giovanni Lilliu – uno dei padri dell’archeologia sarda moderna -, è il simbolo della Sardegna che non guarda le coste e il suo mare, ma il patrimonio di storia millenaria che rivela il vero essere del popolo sardo, ricettore di influenze da tutto il Mediterraneo. Ora tutta l’Isola, con il suo immenso patrimonio archeologico fatto di 3500 Domus de Janas; interi campi o isolati Menhir; necropoli scavate nella roccia viva; circa 10mila torri nuragiche, semplici o complesse; Tombe dei Giganti, di cui restano circa un migliaio di siti riconoscibili; sacrari federali e una rete di pozzi, fonti e opere idrauliche, considerate sacre nella tradizione, chiede all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura di riconoscere l’intero paesaggio culturale dell’Isola come patrimonio dell’umanità.

All’appello hanno già aderito oltre 150 sindaci, convinti che il patrimonio sardo sia unico e raro nel Mediterraneo, un continuum archeologico contraddistinto da una evidente unicità che deve finalmente essere riconosciuto (con le evidenti ricadute economiche e sociali, specie in termini turistici, che questo comporterebbe per l’Isola). Oggi questo patrimonio è sempre più fruibile e visitabile anche grazie alla comunicazione e alle nuove tecnologie: dalle app per cellulari con le guide multimediali, agli strumenti sempre più tecnologici che aiutano a conservare e rendere fruibili documenti e beni archivistici e storici, senza tralasciare il 3D e la realtà virtuale che consentono un’immersione nella vita quotidiana dei fenici del Sulcis, o l’interno di un nuraghe ricostruito in digitale.

In una breve carrellata ecco cosa andare a scoprire della Sardegna millenaria, fatta di tradizioni, rituali, conquiste e integrazioni.

Sardegna uguale nuraghi. Le popolazioni nuragiche hanno abitato l’Isola tra il 1800 e il 1000 a.C. Oggi per saperne di più su questa civiltà, basta visitare i tanti villaggi nuragici sparsi nella regione. Tra le costruzioni megalitiche da non perdere, appunto, c’è il villaggio di Su Nuraxi di Barumini, ma anche il nuraghe di Serra Orrios a Dorgali, uno dei più grandi e meglio conservati della Sardegna, o quello di Santu Antine a Torralba, con i vicini resti dei villaggi di epoca nuragica, cartaginese, e romana, e infine, per questo breve elenco il nuraghe Arrubiu a Orroli, uno dei più grandi della Sardegna.

Tombe di giganti e pozzi sacri. Appartenenti all’età nuragica, le tombe di giganti sono dei monumenti funerari composti da una lunga camera funeraria con un’abside finale e ricoperta da lastre di pietra. Tra le tombe da visitare: ad Arzachena la monumentale Tomba Li Lolghi e quella di S’Ena ‘e Thomes a Dorgali, risalente al Bronzo Antico, in ottimo stato di conservazione; la tomba di Coddu Vecchiu ad Arzachena, una delle più antiche, risalente circa al 2500a.C.

I pozzi, presenti in tutta la Sardegna, erano santuari sotterranei dedicati al culto delle acque, elemento fondamentale della religione nuragica. Il pozzo più comune è a pianta circolare costruito con blocchi di pietra, circondato da recinti circolari in pietra, o sormontato da un piccolo edificio. Tra i pozzi sacri si ricordano quello di Santa Cristina a Paulilatino, Su Tempiesu a Orune e quello di Sa Testa ad Olbia.

Dolmen e Menhir. Costruzioni appartenenti al mondo religioso e funerario dell’età neolitica. I menhir sono grandi pietre piantate verticalmente nel terreno alte anche cinque metri circa. L’area archeologica di Pranu Muttedu, a Goni vanta la più alta concentrazione di Menhir con circa 60 monoliti. I dolmen sono tombe costituite da lastre di pietra piantate verticalmente nel terreno e coperte da una lastra orizzontale. Tra i Dolmen, Sa Coveccada a Mores in provincia di Sassari, è tra le più importanti costruzioni.

Domus de Janas, le ‘Case delle fate’. Tombe scavate nella roccia risalenti al Neolitico. Ne sono state ritrovate più di 2.400. Costruzioni a volte molto elaborate e con decorazioni, le tombe spesso sono collegate tra loro a formare delle necropoli sotterranee. Da non perdere la grande domus di Sedini, la domus de janas di Genna Salixi a Ruinas, e la necropoli di Is Loccis-Santu a San Giovanni Suergiu.

Sito Fenicio-Punici. Alcune zone Sardegna presentano i resti delle città fondate durante la colonizzazione fenicia nei secoli VIII e VII a.C. Importanti centri, conquistati anche da Cartagine, dove si è creata una nuova cultura sardo-punica. Da visitare l’insediamento fenicio-punico di Monte Sirai a Carbonia, la città fenicio-punica di Sulci a Sant’Antioco, le fortificazioni Nuragico-Puniche di Monte Sant’Antine a Genoni e il forte punico di Mularza Noa o Pabude a Bolotana.

Siti romani. Numerose le testimonianza della dominazione romana in Sardegna, evidente anche in molti dei centri già conquistati da fenici e cartaginesi. Da vedere l’anfiteatro di villa di Tigellio a Cagliari, il sito romano e tardo antico San Cromazio a Villaspeciosa, la villa di Porto Conte e il ponte di Fertilia ad Alghero, la villa rurale di età repubblicana di Olbia, e le città di Forum Traiani a Fordongianus e Turris Lybissonis a Porto Torres.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna , Assessorato del Turismo , Artigianato e Commercio

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