L’arte sarda di raccontare sulle pareti: da San Sperate in viaggio per murales

Una forma d’arte pubblica, a carattere collettivo, un’espressione del sentimento popolare dove libertà, giustizia e ideali rivoluzionari sono le tematiche dominanti: è l’arte del muralismo, delle tele che lasciano il posto ai muri, per raccontare disoccupazione, emigrazione, lavoro nei campi, pastoralismo, scene di vita sociale quotidiana.

La Sardegna ne è diventata la patria in Italia e nel resto del mondo e non si contano ormai i murales realizzati da grandi artisti o semplici cittadini, sparsi nei tanti Comuni dell’Isola, con in testa San Sperate e Orgosolo.

La strada fu spalancata alla fine degli anni ’60. È nell’anno dei grandi movimenti di protesta, il 1968, che Pinuccio Sciola in concomitanza con il Corpus Domini e davanti alla sorpresa dei compaesani, inizia la rivoluzione dei muri bianchi coprendo di calce i muri in ladiri (mattoni d’argilla cruda e paglia) di San Sperate. L’influenza di Sciola è quella del muralismo messicano e in Sardegna nasce un movimento che diventa sempre più importante.

L’anno successivo fu realizzata la prima opera a Orgosolo, a firma di Dioniso, un collettivo di anarchici nato a Milano nel 1965. Ma è solo a partire dal 1975, ad opera del professore senese trapiantato in Sardegna Francesco del Casino che, affiancato da Diego Asproni, Pasquale Buesca e Vincenzo Floris e coadiuvato da scolaresche e abitanti, produsse in tre anni oltre cento murales.

Le esperienze di San Sperate e Orgosolo sono servite poi da modello per altri centri urbani come Villamar, Tinnura, Montresta, Sinnai. Alla fine degli anni Ottanta il muralismo sardo perse la spinta di protesta e rivoluzionaria e si fiaccò. Dopo un tentativo di rinascita negli anni Novanta, è nei Duemila che il movimento ha ripreso vigore. E a decretarne la resurrezione è stata la Street Art. Così arrivano i giovani writer, spalleggiati e incoraggiati da quel Pinuccio Sciola che aveva capito l’importanza dell’arte di strada.

Nell’Isola arrivano le opere di street artist bolognesi come Blu e Ericailcane, con una forte denuncia nei confronti delle servitù militari in Sardegna, oltre alle opere di Moneyless e Tellas, quest’ultimo sardo e ormai noto in tutto il mondo. Nasce così un nuovo paese dei murales, è San Gavino. Lì il primo murale nasce da un episodio drammatico, la morte nel 2013 del giovane Simone Farci detto Skizzo a realizzarlo il compaesano, Giorgio Casu, noto a livello internazionale. E ancora le opere di Crisa, Andrea Casciu, La Fille Bertha, Skan, ma anche il messicano Spaik e la colombiana Bastardilla. Così l’Isola si riappropria a pieno titolo dell’arte che l’ha resa celebre nel mondo.

Foto: Orgosolo, murales commemorativo dell’8 marzo

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna , Assessorato del Turismo , Artigianato e Commercio

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