La contaminazione fortunata tra nuragici e fenici. Ma con i punici finì in guerra

Per la Sardegna è cominciata prestissimo la dominazione straniera, favorita certamente dalla sua posizione geografica al centro del Mediteranneo, ciò che l’ha trasformata sin dall’antichità in terra di conquista. Soprattutto lungo le coste, come testimonia il patrimonio archeologico di inestimabile valore e arrivato sino ai nostri giorni.

Raccontiamo oggi l’Isola dei fenici e dei punici, una colonizzazione cominciata nel IX secolo a. C. Si tratta di una popolazione semita che, secondo la tradizione biblica, ha avuto origine dal Sem, il figlio di Noè. Geograficamente i fenici occuparono le coste dell’attuale Libano sin dal III millennio a. C. e da lì si spinsero verso le terre del mare nostrum, essendo abili navigatori, un’arte sviluppata contestualmente alla propensione al commercio. Tanto che la storiografia li vuole protagonisti non solo dell’espansione nel Mediterraneo, ma anche oltre lo Stretto di Gibilterra.

L’occupazione fenicia avviene nell’Isola come forma di contaminazione, quantomeno nella fase iniziate. Sino ad allora la Sardegna era abitata unicamente dal popolo nuragico, i protagonisti della Preistoria sarda organizzati anche in forme strutturate di vita sociale, come testimoniano i tanti complessi di quell’epoca. A conti fatti i fenici hanno avuto contatti con l’antico popolo sardo ma anche con le genti euboiche arrivate dalla Grecia. Precisamente da Eubea, isola dell’Egeo.

I segni di quelle culture che si confrontarono in terra sarda sono raccolti nel complesso nuragico di Sant’Imbenia ad Alghero, dove per gli studiosi l’elemento di maggiore fascinazione è dato dal villaggio di capanne. Risale all’inizia dell’Età del ferro. Stradine e piazzette lastricate separavano gli isolati, cioè i raggruppamenti di abitazioni. Dagli scavi è emerso che c’erano degli spazi comuni, tra cui la capanna dei ripostigli, dove è stata rinvenuta, tra le altre cose, un‘anfora fenicia databile tra l’VIII e il VII secolo avanti Cristo. Di ispirazione fenicia, ma di fabbricazione nuragica, è invece un’altra anfora trovata in un secondo ambiente comune. Sempre a Sant’Imbenia gli archeologici hanno portato alla luce ceramiche greche, tra cui un vaso greco, skypos, risalente alla prima metà del VII secondo a. C.. Ciò ha permesso di ricostruire la contaminazione tra culture avvenuta ad Alghero.

Quello che è avvenuto a Sant’Imbenia è per gli studiosi un elemento decisivo nella costruire del passato e della storia anche sotto il profilo economico: la città sarda era con molta probabilità un crocevia di traffici commerciali che dalla Spagna o addirittura dalle coste portoghesi si spingeva verso il Mediteranneo e l’Oriente medio.

Viste le numerose tracce lasciate nell’Isola, si ipotizza che il primo approdo dei fenici è avvenuto nelle coste meridionali. Quando si parla di quell’epoca non si possono non citare le celeberrime città di Tharros e Nora, ma la stessa Karalis (Cagliari) ha l’impronta di quel passato semitico. Tutte e tre le città sono state floride colonie del popolo arrivato dalla Libia e facevano parte di una rete di altre basi che si estendevano a Huelva e Cadice in Spagna, ma anche a Utica in Tunisia e Lixus in Marocco. Ma vanno citate anche Malta e Palermo. Non fosse altro che per i fenici il commercio era la principale fonte di sostentamento.

Uncovered excavations with an old tower in the background near the town of Nora on the island of Sardinia

La colonizzazione punica, come detto, è ascrivibile al periodo che inizia nel VI secolo a.C. Questa è anche l’epoca delle guerre e proprio nell’Isola gli uomini di Cartagine, ovvero i punici, combatterono duramente contro i fenici. I quali, in realtà, furono anche i fondatori della stessa città tunisina, quindi vantavano un’origine comune, ma poi paradossalmente si fecero guerra. La storiografia rimarca proprio il paradosso di uno scontro tra popoli sulla carta per nulla distanti, mentre i contatti tra nuragici e fenici furono del tutto pacifici, come raccontato sinora. Da alleati, peraltri, rispedirono indietro una prima volta l’assalto punico avvenuto intorno al 540, mentre una trentina di anni dopo il popolo di Cartagine riuscì a sottomettere l’antica città di Sulki, ovvero l’attuale Sant’Antioco.

L’eredità rimasta sino ai nostri giorni sono i resti della cinta muraria, la cui realizzazione viene fatta risalire al IV secolo a. C.. Si trova a nord del museo cittadino e in alcuni tratti del lungomare. In alcuni punti della barriera a protezione di Sulki c’erano le torri con leoni in pietra, tuttora custoditi nelle sale dello stesso museo. Secondo gli studiosi, erano sistemati a guardia di una porta della stessa cinta muraria.

Sempre di epoca punica è la necropoli che occupa praticamente tutto il colle sul quale sono stati successivamente identificati la chiesa parrocchiale e il castello sabaudo di Su Forti. Alle tombe si accedeva tramite il dromos, una gradinata scavata nella roccia. Ogni defunto veniva seppellito con un proprio arredo funerario, costituito dagli oggetti della quotidianità, come vasi, ciotole e brocche, ma anche amuleti e altri ornamenti.

Sardegna Turismo

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio

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