La Spagna superiore, poi l’autogol e la sconfitta di misura: ora con la Croazia l’Italia non può sbagliare

Luciano Spalletti, alla vigilia, lo aveva detto senza giri di parole che sarebbe servita un’Italia capace di “sporcarsi l’abito”, di trovare il modo di contrastare pallone su pallone, stringendo i denti. Il copione è stato esattamente questo, fin dai primi secondi, meno velenosi rispetto a quelli contro l’Albania (gol subìto dopo 23 secondi), ma comunque diabolici, con tre nitide occasioni da gol per la Roja nel giro di un pugno di pochi minuti. L’Italia, in buona sostanza, si è avvitata su se stessa, incapace di proporsi in avanti, di provare a rialzare la testa, schiacciata da un possesso palla forsennato e da movimenti rapidissimi, quasi da prestigiatore. Il gol del vantaggio spagnolo, dopo che Donnarumma si era vestito addirittura da super-eroe, è arrivato nel modo più beffardo, nella ripresa, con la deviazione fortuita nella propria porta di Calafiori, uno degli azzurri che era riuscito pure a sventare qualche pericolo nella propria area piccola. L’umiliazione più grande, al di là del ko, sono stati diversi “olé” del pubblico spagnolo, seppur in minoranza, a sottolineare la fluidità della manovra della selezione guidata da De La Fuente.

La partita

La prima grande occasione della Spagna arriva dopo nemmeno due minuti di gioco, con Pedri che, di testa, su cross dalla sinistra di Nico Williams, svetta più in alto di tutti, ma a dire no è Donnarumma. È lui il primo grande protagonista della gara – il che la dice lunga sulle oggettive difficoltà dell’Italia -, lui a sventare tutti i pericoli, dicendo no allo stesso Williams, capace di affondare con facilità dalla sua parte sfruttando le difficoltà di Di Lorenzo, e pure di Morata, che si allunga troppo il pallone e trova sulla sua strada la prontezza di riflesso del numero 1 del Psg. Le furie rosse dettano legge, tenendo in mano il pallino del gioco con un pressing asfissiante, capace di mettere il freno a chiunque: l’Italia, di fatto, è costretta a viaggiare in ripartenza, sfruttando qualche accelerata di Dimarco a sinistra e poco più. Anche Chiesa prova ad aumentare i giri del suo motore, ma senza registrare la precisione balistica, mentre Jorginho non riesce a trovare il modo di far scoccare la scintilla, di far ripartire l’azione con intelligenza e senza frenesia. Gli zero tiri in porta a fine primo tempo fotografano alla perfezione le difficoltà degli azzurri, schiacciati sotto tutti i punti di vista dallo strapotere spagnolo, non soltanto sotto il profilo della percentuale di possesso palla (61% a fine primo tempo contro il 39% azzurro).

La ripresa

Nella ripresa, Spalletti rivoluziona l’attacco, mandando in campo Zaccagni (per Chiesa) e Retegui (per Scamacca, impalpabile), ma non il ritornello non cambia: la Spagna vola sulle ali dell’entusiasmo e del gioco. Carvajal, per un nulla, non si inventa il capolavoro della serata (e forse dell’Europeo) con un sinistro a giro che sfiora l’incrocio dei pali. Per l’Italia, la serata diventa preludio di una sorta di incubo, considerato anche il palo colpito da Nico Williams. Il primo squillo azzurro arriva dopo oltre due terzi di gara: Cristiante, subentrato nella ripresa, mette in mezzo un pallone e Retegui non arriva per un soffio. La gara si chiude con un solo tiro in porta per gli azzurri, contro i nove degli spagnoli: è qui che il ct deve lavorare. Niente, in chiave qualificazione, è perduto: l’assalto al secondo posto si decide lunedì contro la Croazia. E lì sarà vietato sbagliare.

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