Il Cagliari festeggia 100 anni di storia. Riva: “Auguri alla squadra e alla città”

Tanti auguri, Cagliari: la mia città, la mia squadra“. Quasi sottovoce, col quel modo di fare schivo diventato la cifra della sua grandezza, lo dice Gigi Riva, il giocatore rossoblù più forte di sempre. Il messaggio vale molte cose insieme perché il 2020 non è un passaggio qualsiasi per la storia del club sardo: si celebra il centenario e ricorrono anche i cinquant’anni dalla conquista del scudetto. È l’estate del 1963 quando Rombo di Tuono, allora diciottenne, arriva nel capoluogo sardo. Lui, non senza pregiudizi, era convinto di finire nel Terzo mondo. Invece ha trovato un popolo ospitale che non l’ha più fatto andare via. Un popolo che prima l’ha adottato, poi amato e infine venerato. A settembre dello stesso anno il ragazzo di Leggiuno, a trenta chilometri da Varese, disputa la prima partita col Cagliari e segna subito il primo gol. All’Amsicora, due settimane dopo, quel giovane venuto dal Nord realizza la prima doppietta. Sarà un crescendo di reti e spettacolo, con Riva che trascina il Cagliari verso il primo grande risultato della storia: la promozione in A.

Ma quello che sembrava un traguardo straordinario per la società fondata nel 1920, è solo l’inizio di un’epoca diventata (finora) irripetibile: una volta raggiunta la massima Serie, quel numero 11 dai piedi d’oro tira la volata sino al leggendario Tricolore del 1970. Il titolo di campioni d’Italia. “Vincere lo scudetto fu un’impresa leggendaria – ricorda Riva – anche se già l’anno prima disputammo un ottimo campionato. Ma nel ‘70 giocammo con grande convinzione e determinazione riuscendo addirittura a conquistare la matematica certezza della vittoria con due giornate d’anticipo”.

L’arrivo di quel ragazzo lombardo era stato voluto da Andrea Arrica, storico vicepresidente dello scudetto e in seguito numero uno della società ma, soprattutto, il regista del calciomercato che portò nell’Isola una squadra passata in poco tempo dalla B al Tricolore. Dopo l’esplosione di Riva con la casacca rossoblù, le grandi (Juve in prima linea) cercarono in ogni modo di strappare alla Sardegna il suo nuovo figlio. “Rimasi in modo convinto – ricorda Rombo di Tuono -, rifiutando tutte le proposte di trasferimento che arrivavano in quegli anni. Non ho mai portato avanti con nessuno il discorso sull’andare lontano da Cagliari – assicura – e ci sono rimasto per una scelta di vita“. Riva non ha lasciato l’Isola neanche nel 1976 quando l’ultimo infortunio ha messo fine alla sua carriera: la sua avventura in rossoblù era cominciata con la promozione in Serie A e il suo abbandono al calcio coincise col ritorno del Cagliari in serie B. Oggi il club vanta in tutto ventinove stagioni tra i cadetti, ma dopo un secolo di storia sta disputando il quarantesimo campionato nella massima serie.

La squadra nacque cento anni fa e dopo cinquanta raggiunse l’apice della sua storia. Ma nella stagione in corso, quindi nel pieno dei festeggiamenti, i tifosi rossoblù si son ritrovati a respirare l’aria dell’alta classifica. La prima parte del campionato è andata al di là delle più rosee aspettative, attirando l’attenzione di tutti gli amanti del calcio. E non manca lo sguardo attento del suo eroe Riva. “È già un grandissimo risultato quanto successo nella prima metà del campionato, speriamo che il Cagliari possa arrivare ancora ad alti livelli – commenta –. È una squadra molto bella e ha una forte determinazione. Si capisce che c’è una società alle spalle che sa quello che vuole”.

Dal’11 giugno del 2014 è Tommaso Giulini il presidente del Cagliari. Per questa stagione che coincide col centenario il timoniere del club isolano ha volutamente organizzato una squadra di un livello così alto che raramente si era visto in Sardegna. I tifosi sognano in grande proprio mentre è il passato glorioso a essere protagonista del presente coi tanti ricordi che cominciano il 30 maggio del 1920, quando il chirurgo Gaetano Fichera dà avvio all’avventura rossoblù. In un secolo di storia l’album del Cagliari si è fatto ricchissimo di figurine.

L’evoluzione dei Quattro mori sulla maglia

Icone da collezione. Personaggi che hanno segnato il passo fuori e dentro il campo. Citandone alcuni: Pietro Paolo Virdis da Sindia, l’honduregno David Suazo, gli uruguaiani come Fabian O’Neill, Nelson Abeijon e Diego Lopez, gli eroi della scalata come Mario Ielpo, Massimo CappioliLucio Bernardini, Lele Paolino e Bibi Provitali. Ancora: il bomber di Morena, Roberto Muzzi, lo sfortunato ‘Sa Pibinca’ Dario Silva, e poi Mauro Esposito e Antonio Langella che nel 2005 giocarono in Nazionale – proprio a Cagliari – coi futuri campioni del mondo. Non si può non ricordare lo scomparso Davide Astori. Il capitano. Nella lista anche i tanti allenatori che si sono seduti sulle panchine: dall’unghrese Robert Winkler al campione del mondo Silvio Piola, dal predecessore di Scopigno, Arturo Silvestri, a Luisito Suarez; da Gustavo Giagnoni  e Mario Tiddia a Oscar Washington Tabarez passando per Massimiliano Allegri e gli ultimi mister, Rolando Maran e Walter Zenga.

Nel capoluogo sardo le prime partite di pallone risalgono agli inizi del Novecento e si disputano in piazza d’Armi, ma è solo nel 1920 che durante un incontro al cinema Eden di via Roma nasce formalmente il ‘Cagliari football club‘. Il presidente-medico Gaetano Fichera trasforma dei camici nelle prime divise: da lì il colore bianco delle maglie. E sarà quella la ca-sacca che la squadra indosserà nella partita d’esordio, l’8 settembre in occasione del derby con la Torres (a sua volta fondata a Sassari nel 1903, come l’Ilva a La Maddalena). La gara viene giocata nel primo campo del Cagliari, lo Stallaggio Meloni. Si tratta di un’area tra viale Trieste e la ferrovia, che dagli anni Trenta diventa la caserma Trieste e oggi in completo abbandono, tranne una porzione che ospita una stazione della Polizia municipale. Il derby-esordio coi sassaresi viene vinto dal Cagliari per 5-2 grazie alle reti del primo bomber rossoblù Alberto Figari e di Giorgio Mereu, che in seguito diventerà anche allenatore e presidente al posto di Fichera. È nel 1926 che il rosso e il blu del gonfalone municipale diventano definitivamente i colori sociali, dopo la prima partita in maglia bianca e qualche gara in nerazzurro.

Il Cagliari nel campo di via Pola

Nei primi anni le partite sono di livello regionale. Così fino alla stagione 1928-29, quando la squadra raggiunge la Prima divisione nazionale. In quegli anni arriva anche il primo trasloco: il Cagliari si sposta di pochi isolati da viale Trieste sino al nuovo campo di via Pola, dove poi verrà costruito un mercato civico trasformato in anni più recenti nel centro culturale Mem (Mediateca del Mediterraneo). Nel 1931 i rossoblù arrivano per la prima volta in serie B e ci restano fino alla retrocessione del ‘35. Da quel momento la società sprofonda e finisce nel campionato sardo di seconda divisione. Negli anni Trenta e Quaranta continua a galleggiare tra la C e la prima divisione, tranne un ritorno in B nel ‘47. Lo stesso succede nel ‘52, anno in cui comincia un’altra fase della storia rossoblù in coincidenza con un nuovo trasloco nel nuovo campo in terra battuta dell’Amsicora. Nel ‘53 la squadra perde lo spareggio con la Pro Patria e sfiora la promozione in serie A. In quegli anni è Tonino Congiu il punto di forza del Cagliari, con cui il giocatore ha avuto un lungo legame anche da allenatore.

Il grande salto dei rossoblù nella massima serie arriva nel 1963, proprio con la prima stagione di Luigi Riva. All’Amsicora arriva il manto erboso e in quegli anni la spinta verso l’alto continua: nella stagione ’68/’69, alla quinta stagione nella massima serie, il Cagliari arriva a un passo da uno storico scudetto. L’obiettivo è centrato l’anno dopo, rappresentando un fatto quasi unico nella storia del calcio italiano dominato sino ad allora dalle squadre del Nord Italia. Prima dei rossoblù c’è stato il solo precedente della Roma che nel ‘42 portò verso sud il Tricolore.  Per il campionato 1969-70, con Efisio Corrias presidente, un’abile campagna acquisti di Andrea Arrica aveva portato in Sardegna tutti gli ingredienti per entrare nella storia.

Sotto la guida di Manlio Scopigno, gli eroi dello Scudetto sono stati Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Tomasini, Domenghini, Nené, Gori, Greatti e Riva. Aiutati da Reginato, Poli, Mancin, Nastasio e Brugnera. Una squadra ‘provincial’” che arrivava da un’isola lontana e fu in grado di battere le grandi. Da quel momento in tutta Italia si diffonde la passione per il Cagliari, da allora rimasta una “squadra simpatia”. Poi i successi varcano i confini nazionali e la grande festa per lo scudetto arriva oltre oceano con sei rossoblù chiamati da Valcareggi per i Mondiali in Messico. Così, a pochi mesi dalla conquista del campionato italiano, Riva, Albertosi, Domenghini, Cera, Gori e Niccolai diventano vicecampioni, secondi solo al Brasile di Pelé. Al termine dell’estate, la squadra col tricolore sul petto è pronta per trasferirsi nella sua nuova casa, costruita appositamente: lo stadio Sant’Elia.

Dopo le esperienze in Coppa delle Fiere e Mitropa cup, lo scudetto lancia la squadra nella massima competizione europea: la Coppa dei Campioni. L’esordio è un trionfo: un secco 3-0 infilato al Sant’Etienne, pochi giorni dopo la gara di Coppa Italia con la Massese che aveva inaugurato il nuovo stadio. Sarà l’Atletico Madrid a fermare i rossoblù nel turno successivo. Nei primi anni Settanta continuano i buoni piazzamenti in campionato, tanto che nella stagione ‘72/’73 arriva una nuova esperienza internazionale, con la partecipazione alla Coppa Uefa, sebbene segnata dalla sconfitta coi greci dell’Olympiakos.

E se l’arrivo di Riva era coinciso con la prima promozione in A, il ciclo si chiude nel 1976 dopo quando un nuovo infortunio mette fine alla carriera del più forte attaccante italiano di tutti i tempi. Con l’uscita di scena di Riva il Cagliari sprofonda in serie B. Tre anni dopo c’è il ritorno nella massima serie, ma i tempi gloriosi sono ormai un ricordo e nonostante le reti di Gigi Piras, affiancato dagli stranieri Julio César Uribe e Waldemar Victorino, per la società arriva di nuovo la retrocessione. Nel frattempo c’è stato il Mundial ‘82 con Franco Selvaggi che è diventato campione del mondo proprio quando passava dal Cagliari al Torino.

Arriva allora il momento più buio della storia rossoblù, una crisi con le presidenze di Alvaro Amarugi e Fausto Moi che porta il club a un passo dal fallimento. Per salvare il Cagliari scende in campo una cordata di imprenditori che nell’86 affida a Gigi Riva la presidenza, ma nell’87 la squadra sprofonda in serie C1. Nel frattempo il Cagliari si concentra sulla Coppa Italia e riesce a eliminare il Torino e la Juventus, ma poi ci pensa il Napoli a fermare le ambizioni rossoblù in semifinale. In quella partita, con Maradona al Sant’Elia, c’è il tutto esaurito. La squadra, intanto, si avvia verso la C1 per tornare a disputare il derby con la Torres di Gianfranco Zola, che negli anni successivi sostituirà Maradona per poi vestire la maglia numero 10 col Cagliari.

I rossoblù si ritrovano a giocare in campi sterrati come quello del Giarre, ma da lì comincia una nuova grande avventura. I fratelli Orrù prendono in mano il timone del club e lo affidano al giovane mister Claudio Ranieri. Arriva un momento che nel cuore dei tifosi è secondo solo allo Scudetto: proprio nel momento di massima difficoltà, tanti giovani arrivano in massa allo stadio per sostenere la squadra, proprio in memoria di un passato glorioso. Succede infatti che il Sant’Elia diventa un cantiere in vista dei Mondiali di Italia ’90 e col Cagliari di nuovo nel campo dell’Amsicora rinasce la magia: in due anni la squadra centra la doppia promozione e proprio nel ‘90 si ritrova in serie A. Nel 1992 cominciano l’era di Massimo Cellino e i successi degli uruguaiani. Vogliono dire il grande Enzo Francescoli, ma anche Daniel Fonseca e Pepe Herrera. Risultati e bagni di folla spingono la squadra in alto e nel 1993 il Cagliari arriva sesto in campionato centrando la qualificazione in Coppa Uefa. La grande cavalcata vede i rossoblù, guidati da Gianfranco Matteoli, Vittorio Pusceddu e Lulù Oliveira, superare Dinamo Bucarest, Trabzonspor e Malines (una storica vittoria davanti agli emigrati in Belgio), prima del doppio derby con la Juve nei Quarti e la semifinale con l’Inter, che interrompe la cavalcata internazionale.

Dopo i successi in Europa arriva un nuovo calo in campionato che porta la squadra a perdere lo spareggio contro il Piacenza a Napoli e retrocedere in serie B nel 1997. Il Cagliari torna subito nella massima serie, ma poi scivola in quella cadetta. Nella stagione 2002-2003 le squalifiche del campo portano i rossoblù a disputare tre partite casalinghe lontano dalla Sella del Diavolo: una al Flaminio di Roma e due al Nino Manconi di Tempio. L’esilio in serie B dura fino al 2004 quando conquista una nuova promozione grazie alle magie di Gianfranco Zola. In quegli anni lo stadio Sant’Elia accusa il peso del tempo e il presidente Cellino decide di realizzare uno stadio dentro lo stadio. Per dieci anni i rossoblù viaggiano tra alti e bassi nel campionato principale, condizionati anche dalla struttura: le cadute di calcinacci spingono la squadra a trasferirsi allo stadio Is Arenas di Quartu (dove però sarà un’avventura sfortunata con inchieste e arresti) per poi scegliere addirittura il Nereo Rocco di Trieste come campo casalingo. Sono gli anni in cui i leader indiscussi diventano Daniele Conti, Daniele Dessena e il centrocampista-ultrà Andrea Cossu.

Poi arriva il passaggio di consegne tra Cellino e il nuovo presidente Tommaso Giulini. Nonostante i grandi progetti annunciati, la partenza non è delle migliori e il Cagliari torna subito in serie B. Ma vince il campionato cadetto successivo e torna subito in A nel 2016 quando la società mette le basi per una nuova crescita. L’anno dopo viene inaugurata la Sardegna Arena, uno stadio provvisorio costruito nei parcheggi del Sant’Elia in vista di una demolizione-ricostruzione del glorioso impianto inaugurato dai rossoblù campioni d’Italia.

Negli ultimi campionati la squadra si è salvata, ma se già l’anno scorso aveva mostrato di poter ambire a posizioni di classifica tranquille, nell’estate 2019 con la cessione del gioiellino Nicolò Barella, figlio del vivaio rossoblù, la società si è potuta permettere grandi investimenti col ritorno di Radja Nainggolan e l’arrivo di Rog, Nandez e Simeone. Il mix ha fatto tornare i rossoblù ai massimi livelli del calcio italiano. Il regalo per i cento anni dalla nascita e i cinquanta dallo scudetto, i tifosi lo hanno ricevuto. E quando si arriva in alto, si sogna in grande. Una prima parte della stagione straordinaria e, nel vivo del nuovo sogno rossoblù, Riva, che è stato nominato presidente onorario del Cagliari, aveva avvertito i giocatori: “Bisogna continuare a volare basso, ma con questa determinazione possono arrivare grandi soddisfazioni”. Poi c’è stato un calo di tensione, ma è arrivata l’emergenza coronavirus ha fermare tutto e bloccare anche il campionato. Uno stop che permette ai rossoblù di festeggiare i suoi cento anni di vita in piena pausa di riflessione, coi giocatori che stanno tornando ad allenarsi per l’imminente ripresa delle attività. Ma questa è un altra storia, e il Cagliari la può affrontare con l’esperienza di un centenario sardo.

Marcello Zasso
@marcellozasso su Twitter

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