L’intelligenza artificiale parla sardo. Carru, ascesa di un manager a Dublino

Sebastian Carru, 24 anni di Sassari, vive a Dublino e lavora all’Ibm. Concluso il liceo scientifico nel 2013, supera le selezioni per l’accesso al corso di laurea in Business and economics e parte per Bologna. Dopo un’importante esperienza da team-leader alla sede emiliana dell’Aiesec, la più grande associazione studentesca del mondo, sale su un aereo con destinazione Berlino. Lì trova spazio all’Ekomi, start-up nel settore del marketing digitale. Quindi consegue un master in Marketing a Londra e, addirittura prima di concludere la specializzazione, viene assunto all’Ibm, superando brillantemente test e severissimi colloqui a cui il colosso statunitense sottopone i suoi dipendenti. Sebastian si occupa di intelligenza artificiale, blockchain (letteralmente catena di blocchi, assimilabile a un database) e tecnologie avanzate diventando ben presto un esperto, tanto da arrivare in breve tempo a rappresentare l’azienda negli eventi internazionali.

Sebastian Carrus, cervello sardo d’esportazione. Prima Bologna, poi una vita da globetrotter. Cosa ti ha spinto a lasciare la Sardegna dopo la fine del liceo?

Ambivo al corso universitario di Business and economics: è quello che faceva per me. Si studiano sia temi di economia che di finanza, ma anche management e altre materie. Le lezioni sono esclusivamente in lingua inglese. Sapevo sarebbe stata un’esperienza di alto livello, significativa dal punto di vista della preparazione base per poter cercare lavoro nel settore della tecnologia avanzata, a cui aspiravo. Il corso mi ha garantito una preparazione di primissimo livello che mi ha consentito di essere selezionato per il master alla Escp, la Europe Business school di Londra. Questo corso è attualmente considerato il quinto migliore al mondo nel settore, secondo il Financial Times.

La prima esperienza di lavoro la fai all’Aiesec, quando sei ancora studente. Cos’hai imparato facendo il team leader?

Principalmente tre cose. Innanzitutto il poter mettere in pratica, nel lavoro quotidiano, ciò che apprendevo in classe, quindi, ad esempio, le strategie manageriali o finanziarie. Con altri ragazzi mi sono ritrovato a gestire la sede provinciale dell’associazione studentesca in Emilia Romagna. E questo ha comportato anche responsabilità sul budget e sull’espansione stessa dell’Aiesec. Ho inoltre avuto l’opportunità di gestire un gruppo di dieci persone, da team-leader appunto, per un anno. La terza lezione appresa è valsa lo stimolo a sfidare la visione classica del fare business, imparando ad avere una visione più ampia rispetto al solo comandamento del ‘fare profitto positivo’. Ritengo che nel modo di fare business convenzionale sia necessario integrare pratiche no-profit, con un forte impatto positivo sulla società. A me pare la base per creare un futuro più prospero, sia dal punto di vista sociale che ambientale.

La tua esperienza all’estero comincia a Berlino: all’Ekomi viene ingaggiato come Market specialist Italy. In cosa consisteva il tuo lavoro?

Insieme ai team di vendita e di analisi, ci occupavamo dell’espansione del business nel mercato europeo. Io, specificatamente, in quello italiano. Ma all’occasione seguivo anche altri mercati.

Dopo sette mesi a Londra e tre a Parigi, cioè corso e stage al master della Europe Business school, l’occasione della vita diventa l’Ibm, sede di Dublino.

L’Ibm, in realtà, mi aveva già assunto diverse settimane prima che finisse il master. Desideravo avere subito un lavoro full-time e mi sono mosso superando i vari test e colloqui dell’azienda. La preparazione ricevuta dal master è stata decisiva. Ora faccio parte, col ruolo di team-leader, del gruppo europeo di lavoro che si occupa di tecnologia avanzata. Ovvero, intelligenza artificiale, nelle diverse varianti blockchain, cloud computing (modello di erogazione dei servizi a domanda) e IoT  (approccio secondo il quale qualsiasi oggetto può diventare connesso e comunicante). Svolgo anche consulenza per i clienti di Ibm, guidandoli all’adozione di queste nuove tecnologie. Oltre al mercato italiano, seguo quelli di Inghilterra, Germania e Olanda. Questo mi consente di lavorare per importanti aziende multinazionali dei più svariati settori: dall’automobilistico alle merci di largo consumo passando per il bancario. Mi viene affidata inoltre l’opportunità di rappresentare Ibm come esperto di queste tecnologie, in determinati eventi, anche internazionali. Ammetto che è entusiasmante. E non sono sicuro che in Sardegna mi sarebbe stata concessa la stessa opportunità come dipendente appena assunto.

Cosa si deve intendere per intelligenza artificiale?

L’intelligenza che io tratto oggi, e lo dico in premessa, è il risultato di oltre sessant’anni anni di studi. A sviluppare il concetto fu per primo il celeberrimo matematico britannico Alan Turing, durante la Seconda guerra mondiale. Da allora le innovazioni sono state stravolgenti. Pensiamo al famoso match del campione russo di scacchi, Garry Kasparov, proprio contro l’intelligenza artificiale chiamata Deep Blue, alla fine degli anni ’90. La partita si giocò precisamente il 10 febbraio del 1996. Fu la prima volta che un computer, un Ibm, era riuscito a battere un uomo.

Qual è la differenza tra Deep blue e l’intelligenza artificiale di oggi?

Allora l’intelligenza artificiale, seppure abbastanza sviluppata, era programmata per svolgere un compito solo. Nel caso della Deep blue, per giocare a scacchi. Dietro c’erano tante formule matematiche e tanti algoritmi, diversamente sarebbe stato impossibile battere l’uomo più forte al mondo. Con i nuovi studi si è passati a un’intelligenza artificiale che più svolgere più compiti generali nello stesso tempo e avere anche un approccio più approfondito su ogni singolo compito. Diciamo che l’intelligenza artificiale di oggi è più simile a noi umani.

Tecnicamente come funziona il modello?

È identico a quello umano. Quando noi svolgiamo due attività insieme, usiamo due diverse parti del cervello. Così succede nel software dell’intelligenza artificiale. Uno dei miei esempi preferiti è questo: ci stiamo lavando i denti e ci arriva un messaggio su WhatsApp. Noi prendiamo il telefono, iniziamo a scrivere e poi ci rendiamo conto che la mano con lo spazzolino si è fermata. Quindi ci concentriamo di più per svolgere insieme entrambe le attività. Nel futuro, probabilmente, vedremo queste intelligenze artificiali svilupparsi ancora di più, sino a superare l’uomo, a un certo punto. Questo momento è chiamato “singolarità”.

Un esempio sull’utilizzo di questa tecnologia che hai avuto modo di seguire personalmente?

Il lavoro che io faccio adesso è fornire ai clienti di Ibm l’accesso a questo tipo di tecnologia, che principalmente viene utilizzata per dar senso alla miriade di dati prodotti ogni giorno, ma anche per migliorare i processi di produzione o interagire coi clienti nella maniera più naturale possibile, attraverso i siti web delle stesse aziende. L’assistente personale, come Amazon Alexa, Siri dell’Iphone o Cortana su Windows 10, è intelligenza artificiale. Un altro utilizzo riguarda la possibilità di sfruttare, come dicevo, i miliardi di dati che vengono prodotti ogni secondo. Pensiamo a una telefonata su Skype: nello stesso momento in cui la facciamo noi, ci sono altre centinaia di migliaia di persone che chiamano.  Questo dato numerico può essere messo in relazione, ad esempio, alla qualità e alla velocità di connessione o alla distanza tra due utenti. Si tratta di informazioni che a Skype servono per capire come migliorare il servizio e agire di conseguenza. Molte delle azioni che le aziende intraprendono oggi non sono più dettate dal mero istinto, ma trovano fondamento nei dati.

Quali sono i Paesi che utilizzano maggiormente l’intelligenza artificiale?

A livello mondiale c’è sicuramente un dominio degli Stati Uniti e della Cina che su queste tecnologie sono molto avanti. In Cina l’intelligenza artificiale di riconoscimento visivo è già in uso nelle strade pubbliche. Nelle vie di Shanghai ci sono telecamere collegate ai database della polizia, quindi in presenza di un criminale a piede libero, ad esempio, la persona ricercata viene riconosciuta e scatta l’allarme. In Europa, seppure siamo un po’ indietro, mi sento di annoverare la Germania. Basti pensare alle aziende automobilistiche dove stanno iniziando a produrre macchine con guida autonoma, senza bisogno del conducente. Pensiamo anche all’assistente personale intelligente per accompagnare la guida, rendendola migliore e più sicura .

In Sardegna si muove qualcosa?

Purtroppo nella nostra Isola, come altre zone del Sud Italia, si è ancora molto indietro. Il problema è che queste tecnologie, essendo molto innovative, hanno anche un costo piuttosto elevato, pertanto le zone svantaggiate dal punto di vista economico hanno un po’ più difficoltà ad adottarle. Per il semplice fatto che prima ci sono altre priorità. Stiamo cercando tuttavia di investire in queste zone: abbiamo aperto di recente un ufficio di innovazione Ibm a Bari e ce n’è uno anche a Cagliari, per cui la possibilità di fare il salto tecnologico esiste, è concreta. Bisogna solo essere in grado di canalizzare l’investimento verso queste tecnologie più avanzate. Qui il ruolo della politica è essenziale.

Quale impatto l’intelligenza artificiale ha avuto sulla società?

L’impatto è stato importante, ma non ha ancora raggiunto il suo pieno potenziale. Di sicuro l’intelligenza artificiale è ormai nelle mani di tutti: basti pensare all’assistente del cellulare, utilizzato abitualmente nella quotidianità. La vera rivoluzione, però, riguarderà il lavoro che tra non molto, secondo me, cambierà in maniera profonda: l’intelligenza artificiale andrà a sostituire parecchie mansioni di professionisti, i quali dovranno riqualificarsi per svolgere un lavoro diverso. Tuttavia non si perderanno posti di lavoro, piuttosto si modificheranno le mansioni. Bisogna pertanto  farsi trovare pronti per gestire e rispondere a questo cambiamento, che con certezza avverrà. E tutti sono e saranno chiamati a fare la propria parte: dalle grandi aziende come Ibm alla classe politica, a chi è leader del pensiero moderno. Non potranno sottrarsi a svolgere una nuova funzione educativa nessuno gli insegnanti e le scuole: si tratterà di trasmettere agli studenti una diversa mentalità. Tra una decina d’anno tante professioni che ci sono, non esisteranno più. O dovranno essere svolte in maniera molto diversa. Il tasso di sviluppo tecnologico attuale e quindi il tasso di cambiamento della vita, non è mai stato così veloce. Eppure non sarà mai più così lento. Siamo in accelerazione esponenziale. Tutto si muoverà con sempre maggiore velocità.

Elisabetta Caredda

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