Rinnovabili, il 98% della Sardegna è “area non idonea”. Ecco i criteri e le zone ammesse

Oltre il 98 per cento del territorio sardo è classificato come “area non idonea” per l’installazione di impianti di energia rinnovabile. Lo stabilisce la nuova legge regionale approvata oggi in Consiglio dopo oltre 20 giorni di scontro politico. La normativa, composta da cinque articoli e sette allegati tecnici, mira a regolamentare con precisione dove e come gli impianti potranno essere installati, limitando in maniera drastica le possibilità sul territorio.

La legge introduce criteri stringenti. Gli impianti di media taglia, ad esempio, potranno essere collocati solo in aree dismesse come vecchie discariche, zone industriali di interesse regionale o miniere in disuso. Per il fotovoltaico, sono ammesse anche installazioni sui tetti di edifici pubblici e privati, o in prossimità di porti e aeroporti, ma con l’esclusione degli approdi turistici. Questo significa che la stragrande maggioranza del territorio sardo non potrà ospitare nuovi impianti, limitando in modo significativo lo sviluppo delle energie rinnovabili.

Un altro elemento centrale del disegno di legge riguarda gli incentivi economici per favorire lo sviluppo delle comunità energetiche e l’autoconsumo. A partire dal 2025, verrà istituito un fondo regionale con una dotazione complessiva di 678 milioni di euro fino al 2030. Questi fondi saranno destinati all’installazione di impianti fotovoltaici e all’accumulo di energia, sia attraverso sovvenzioni a fondo perduto che strumenti finanziari, con l’obiettivo di rendere l’autoconsumo una pratica sempre più diffusa.

Nonostante l’ampia esclusione territoriale, la legge prevede che i Comuni possano richiedere deroghe per la realizzazione di impianti anche in aree considerate non idonee. Per farlo, dovranno però rispettare criteri stringenti legati alla tutela del paesaggio e delle attività agricole, e coinvolgere la comunità attraverso un dibattito pubblico prima di avviare qualsiasi progetto.

Con l’entrata in vigore della legge, viene abrogata la moratoria di 18 mesi che bloccava la costruzione di nuovi impianti. Tuttavia, alcune delle misure di tutela contenute nella vecchia normativa sono state integrate nel nuovo testo, come quelle che consentono la realizzazione di impianti su terreni agricoli da parte di coltivatori diretti e imprenditori agricoli.

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