Il centrodestra si ripresenterà alle Regionali del 2019 nella stessa composizione con la quale ha vinto le elezioni sarde del 2009 e perso quelle del 2014. Così fanno capire i partiti della coalizione in risposta all’appello lanciato ieri dal segretario del Pd isolano, Emanuele Cani, che ha lanciato l’idea di “un’ampia coalizione anti-populista“.
Cani non ha mai nominato né l’Udc né i Riformatori, ma era evidente che si rivolgeva a loro. Anche perché nel suo intervento nella Direzione regionale di ieri a Oristano il leader dei dem ha parlato dell’impossibilità di “un’alleanza col Psd’Az allineata sulla posizioni della Lega“. E tolta Forza Italia, con la quale ogni patto di governo è escluso a priori, restano appunto il partito di Giorgio Oppi e quello dei liberal-democratici guidati in Sardegna da Pietrino Fois.
È stato lo stesso Oppi, sentito dall’Ansa, a chiudere la porta a ogni eventuale accordo politico col Pd. “Abbiamo fatto alleanze del genere a livello locale, ma con le Regionali è un’altra cosa”. Fois ha sottolineato: “A oggi non esiste alcun motivo per non riconfermare l’alleanza col centrodestra, ma chi sta con noi deve dimostrare di credere nella battaglia sull’insularità e sulle accise perché il loro riconoscimento porterebbe alla Sardegna quattro miliardi di euro in più nel bilancioo. Il candidato governatore dovrà dimostrare di avere a cuore queste due questioni”.
I sondaggi nazionali danno il Pd in calo. E con l’avanzata della Lega, Udc e Riformatori hanno tutto l’interesse a rimanere in una coalizione che può vantare un partito forte: solo così hanno maggiori possibilità di eleggere propri esponenti nel Consiglio regionale. Anche se la schiacciante presenza di Matteo Salvini sui media e sui social rischia, a patto che nell’Isola faccia molta presa, rischia di fagocitare i ‘piccolini’ del centrodestra, o comunque quei partiti associati alla vecchia politica, quali Udc e Riformatori. Sono altri tempi rispetto al voto di quattro anni fa quando Ugo Cappellacci perse per le preferenze che gli portò via il movimento Unidos di Mautro Pili.
A questo punto per il Pd la questione si complica: escluse le forze moderate, i dem sardi sono costretti a guardare nel solo campo del centrosinistra, quell’Ulivo che nell’Isola sta governando la Regione, ma risulta completamente sfaldato. I RossoMori, poco sopra il 2 per cento alle Regionali del 2014, sono entrati da tempo nel progetto indipendentista di Autodeterminatzione. Il Centro Democratico, ugualmente appena oltre il 2 per cento quattro anni fa, non sembra aver trovato una propria bussola: ci sono giorni in cui il partito manda comunicati stampa con la sigla Cd/+Europa, altri in cui si presenta come Cd-Campo progressista.
Capitolo a parte per il Partito dei Sardi, al centro delle bordate lanciate nei giorni scorsi propri da RossoMori e Cd che hanno negato di avere contatti politici col leader Paolo Maninchedda in vista del voto sardo del prossimo anno. Maninchedda, dal canto suo, ha in qualche modo detto addio al Pd, sostenendo che “il Pds non sta aspettando i democratici“.
Non hanno il problema delle alleanze i Cinque Stelle che in Sardegna hanno già scelto il candidato governatore: è l’ex sindaco di Assemini, Mario Puddu, la cui partecipazione alle Regionali è comunque appesa all’esito del processo a Cagliari per abuso d’ufficio. In caso di condanna (verdetto atteso per il 18 ottobre) Puddu può sì presentarsi alle urne. Ma in caso di vittoria e con la sentenza confermata in appello, verrebbe sospeso dall’incarico per effetto della legge Severino sull’anticorruzione (leggi qui).
Al. Car.
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