Il 5 dicembre il Pd sardo apre le urne delle primarie: il popolo dem va al voto per scegliere il nuovo segretario regionale. Il rischio è che spunti la solita candidatura unitaria che all’apparenza è un traguardo, ma nella pratica è la strada per non cambiare nulla. Per mantenere intatto il correntismo che anima il Partito democratico dell’Isola da troppi anni.
La data delle primarie fa parte di un calendario condiviso all’interno del partito e che prevede tre fasi. La prima, quella preliminare, è cominciata lo scorso 8 ottobre, quando si è chiuso il termine per la presentazione dei documenti politici che, guarda caso, sono tre, come le storiche correnti interne.
In ordine sparso, ecco la proposta sottoscritta dai soriani e dal gruppo che alle ultime primarie, quelle del 2017, appoggiò la candidatura di Giuseppe Luigi Cucca, poi diventato segretario regionale. Di fatto i sostenitori di Nicola Zingaretti a livello nazionale: dall’ex sottosegretario alla Difesa, Giulio Calvisi, all’ex deputato Francesco Sanna, rivale di Cucca nel 2017. Un altro documento lo hanno firmato i popolari-riformisti, ovvero l’area che ha come capi bastone Antonello Cabras e Paolo Fadda. Ci sono poi i ribelli delle correnti che fanno riferimento al presidente di Anci Sardegna, Emiliano Deiana, e alla deputata Romina Mura.
Inutile dire che i propositi di tutti e tre i documenti sono nobilissimi. E se solo avessero trovato applicazione sino a oggi, il centrodestra di Christian Solinas non sarebbe il governatore della Sardegna. Il problema è che il Pd rischia di sprecare l’ennesima occasione, se per mantenere le solite rendite di posizioni non si apre all’interno del partito una vera fase di rinnovamento.
Al momento nomi di papabili non ne circolano, sebbene per la presentazione delle candidature non sia scaduta: c’è tempo sino all’8 novembre. Andranno alle primarie del 5 dicembre i due democratici più votati nelle elezioni dei circoli e il cui esito si conoscerà il 24 novembre. Ma è dal giorno 2 che gli aspiranti segretari regionali (e rispettive correnti) possono raccogliere le firme a sostegno delle proprie candidature.
Come detto, la scelta di un leader unitario non sarebbe una buona notizia perché equivarrebbe alla riproposizione di uno schema trito e ritrito e che rende il Pd un partito senza appeal. Anche alla luce del fatto che i dem del Consiglio regionale sembrano a tratti gli alleati di Solinas più che gli avversari politici, malgrado gli onorevoli mal sopportino questa verità oggettiva. L’opposizione dem nella massima assemblea sarda si riduce nella maggior parte dei casi alla presentazione di interrogazioni in cui si chiedono lumi a Solinas, anziché recuperare i documenti e attaccarlo frontalmente come dovrebbe fare una minoranza che si rispetti.
Il Pd sardo pare aver smarrito la bussola per cui è nato nel 2007, come forza progressista del Paese. Basta vedere cosa è successo a Carbonia alle ultime Comunali: anziché unire la sinistra, il Partito democratico ha stretto alleanza col Psd’Az travestito da lista civica. Il risultato è che la sinistra sta all’opposizione, mentre il sindaco dem Pietro Morittu governa la città insieme ai sardisti e all’Udc. Se poi il Pd considera questa politica un atto di coraggio, allora c’è solo da alzare bandiera bianca e attendere il prossimo candidato unitario con l’obiettivo di non cambiare nulla. Di lasciare tutto com’è e rifiutare ogni rinnovamento interno. (al. car.)