E’ una mina innescata sotto le poltrone del consiglio regionale. Si chiama “inchiesta bis sulle spese dei gruppi consiliari”. “Bis” perché di inchiesta ce n’è già stata una che ha portato in tribunale, accusati di peculato, diciotto consiglieri regionali della precedente legislatura. Oltre al pidiellino Silvestro Ladu che è andato a processo da solo per gli stessi reati. E sono emerse vicende sorprendenti.La differenza è che questa nuova indagine riguarda l’attività del consiglio regionale attualmente in carica.
Il Palazzo è da tempo in allarme. Corrono periodicamente voci, per ora smentite, di nuovi avvisi di garanzia. L’unica certezza è che l’inchiesta esiste perché, come riferisce il quotidiano la Nuova Sardegna, ancora nelle scorse settimane gli uomini della Guardia di Finanza si sono presentati in modo discreto negli uffici dei gruppi e hanno sequestrato nuovi documenti. E, quasi in contemporanea, alcuni esponenti degli stessi gruppi sono stati notati nei corridoi della Procura della Repubblica di Cagliari. In particolare nelle vicinanze dell’ufficio del pubblico ministero Marco Cocco titolare delle prime due inchieste e anche della nuova.
E dire che con questa legislatura il problema delle spese pazze pareva risolto. Nell’autunno scorso erano state introdotte regole più severe ed erano state create due figure di controllo: un amministratore interno e un revisore dei conti. Ma evidentemente non è bastato. O forse, prima dell’introduzione dei controlli più severi, anche nella prima fase di questa legislatura la gestione disinvolta era andata avanti.
Il metodo d’indagine che la Guardia di Finanza sta seguendo è semplice ed efficace: si incrociano le uscite di fondi dalle casse dei gruppi consiliari con le entrate nei conti correnti. Quando le cifre coincidono partono gli approfondimenti sui singoli casi.
E’ facile immaginare il livello di apprensione che questa nuova inchiesta sta creando. Anche un semplice avviso di garanzia, quando ormai si è a pochi mesi dall’avvio della campagna elettorale, può produrre effetti devastanti su una carriera politica.
Che il clima negli uffici del Consiglio non sia dei più sereni, lo confermano le voci sull’origine dell’inchiesta che ha determinato l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex assessore regionale e leader dell’Udc Giorgio Oppi. La documentazione relativa al suo viaggio in Toscana per attività di partito ma non istituzionali sarebbe stata inviata alla Procura da qualche funzionario o impiegato regionale stufo di certi metodi. In sostanza, una “talpa” interna avrebbe informato i magistrati i quali, visti i documenti e accertatane l’autenticità, hanno formalizzato l’indagine e l’ipotesi di reato.