Adesso si sa tutto su quelle due ore scarse di conferenza dei capigruppo che ieri pomeriggio hanno spinto Gianfranco Ganau alla resa sulla legge elettorale, malgrado la proposta di legge consegnata ai rappresentanti dei partiti “perché da loro avevo ricevuto un mandato chiarissimo a riguardo“, ha detto il presidente del Consiglio quando alle 17,15 ha convocato i giornalisti per raccontare l’epilogo.
Il valzer della contestazione al testo di Ganau lo ha aperto il Partito dei sardi attraverso il capogruppo Gianfranco Congiu che al telefono spiega: “Noi non siamo abituati a nasconderci, ripeto volentieri quanto ho detto ieri ai colleghi dell’Aula. Come Pds, e intendendo tutti i consiglieri e gli organi politici interni, riteniamo che la legge elettorale non sia una priorità per la nostra Isola. A dieci mesi dalla fine della legislatura sono altri problemi a cui siamo chiamati a dare risposte: il tema centrale è la Sardegna, col lavoro che non c’è, i conti della sanità da mettere in ordine, l’assistenza scarsa su alcune patologie come il diabete. Queste sono le emergenze che ci interessano, anche perché l’attuale legge elettorale non è stata bocciata dai tribunali, anzi”.
Lo stesso Congiu, nel 2015, è entrato in Consiglio a seguito di un ricorso presentato, uno dei tanti che per oltre due anni hanno modificato la composizione dell’assemblea. “Nel mio caso – spiega – i giudici amministrativi hanno rilevato che l’Ufficio elettorale aveva semplicemente calcolato male i voti. Nulla di più. Né il Tar né il Consiglio di Stato e neppure la Cassazione hanno rilevato storture nella norma attualmente in vigore, quindi non c’è motivo per dedicare tempo alla correzione di un testo legittimo”.
Ma lo scontro non è solo di contenuti, è anche politico. La legge elettorale è un ottimo palcoscenico. La sua riforma può dare visibilità. A un anno dalle elezioni Regionali la campagna elettorale è già in parte cominciata. Congiu non è così esplicito, ma lo fa intendere in modo chiaro: “Al presidente Ganau abbiamo sempre riconosciuto un ruolo super partes. Invece voleva calare una legge elettorale dall’alto, un testo non condiviso coi partiti. O almeno: con il Pds non lo ha fatto e per noi è una posizione inaccettabile”.
Al ‘no’ del Partito dei sardi è seguito quello di Forza Italia. Alessandra Zedda, la vicecapogruppo presente al posto del neodeputato Pietro Pittalis che si dimetterà nei prossimi giorni, ribadisce a Sardinia Post: “Considerando che per approvare una legge elettorale serve una maggioranza qualificata, la posizione del Partito dei sardi fa crollare questo presupposto. Per di più ci induce a capire che nel centrosinistra non esiste più nemmeno una maggioranza semplice. È ora che il presidente Pigliaru prenda atto di questo fallimento politico, visto che il Partito dei sardi, per l’ennesima volta, assume una posizione diversa rispetto al resto degli alleati. Forza Italia ritiene i problemi della Sardegna siano ben altri: la Regione dovrebbe dare risposte su lavoro, welfare, attività produttive e problema dell’acqua”.
Una volta che Congiu e la Zedda hanno espresso il proprio dissenso, nella stessa conferenza dei capigruppo hanno preso atto dell’impossibilità di proseguire il confronto pure Angelo Carta (Psd’Az), Attilio Dedoni (Riformatori) e Gianluigi Rubiu (Udc), invece possibilisti fino a ieri. È finita che di lì a poco il presidente Ganau ha convocato la stampa per spiegare che “non ci sono più le condizioni politiche per cambiare la legge elettorale”.
Passata la notte, Daniele Cocco, capogruppo dei bersaniani di Mdp-Art1, spiega al telefono: “Nel 2013, quando l’attuale legge elettorale venne approvata dall’Aula, io sono stato uno dei pochi consiglieri a non votarla. Assunsi una posizione di contrarietà perché la norma era lacunosa sulla rappresentanza di genere e su quella territoriale. Lo scorso novembre abbiamo risolto la prima questione introducendo la doppia preferenza; nel giro di pochissimi giorni possiamo risolvere il problema della rappresentanza territoriale aggiungendo semplicemente alla legge quanto affermato dai giudici amministrativi nelle diverse sentenze con cui è stata cambiata la composizione dell’Aula. Ovvero si tratterebbe di vincolare l’attribuzione dei seggi al raggiungimento del quoziente (è la soglia minima di voti che dà diritto a un posto in assemblea”.
La posizione di Cocco scopre, a sua volta, i contrasti all’interno di Mdp-Art1. Perché uno dei consiglieri del gruppo, Eugenio Lai, sosteneva invece la modifica della legge elettorale a nome di un comitato guidato dal giurista Andrea Pubusa. La proposta di legge – mai protocollata ma discussa – prevedeva il ritorno al proporzionale puro, con la cancellazione dell’elezione diretta del governatore. Tanto che nei giorni scorsi Francesco Agus (Campo progressista), presidente della commissione Riforme, avevo messo su questo punto una pregiudiziale, respingendo anche solo l’ipotesi che il Consiglio regionale possa tornare a scegliere (è stato così dal 1949 al 1999) il presidente della Regione.
Alessandra Carta
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