Accantonamenti, lettera di Tria a Paci. Ma con posta ordinaria e arriva tardi

Si infittisce la vertenza tra Regione e Governo sulla quota di accantonamenti che lo Stato ha chiesto alla Sardegna a copertura del debito pubblico nazionale. Adesso spunta un giallo politico sulla corrispondenza tra Cagliari e Roma seguita al pronunciamento della Corte Costituzionale che ha dato ragione alla Giunta di Francesco Pigliaru sostenendo che l’Esecutivo guidato da Giuseppe Conte pretendeva troppi soldi dall’Isola. Precisamente 285 milioni non dovuti, secondo i giudici della Consulta.

Proprio a seguito della sentenza, Pigliaru e l’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, hanno scritto a Palazzo Chigi. Ma la risposta da Roma alla richiesta della Giunta sarda è arrivata negli uffici di Paci solo ieri, 5 febbraio, in ritardo rispetto al termine perentorio del 31 gennaio fissato dal Governo stesso per raggiungere un’intesa sulla quota di accantonamenti dovuta.

Di certo è risultata del tutto irrituale la forma utilizzata dal Governo. La risposta, infatti, è stata spedita tramite una lettera cartacea firmata dal ministro Giovanni Tria. La missiva porta la data del 22 gennaio, ma è stata spedita con posta ordinaria, tanto che ci ha messo quindici giorni per essere recapitata a Cagliari.

Non solo: la lettera fa riferimento al termine del 31 gennaio, scaduto da sei giorni, ma nessun cenno alla sentenza della Corte Costituzionale dell’11 gennaio, con cui i giudici danno ragione alla Sardegna e invitano il Governo a trovare un accordo equo in termini di accantonamenti senza esercitare “princìpi tiranni” per la necessità di salvaguardare le casse nazionali. La missiva di Tria non contiene nemmeno l’indicazione di una data per un futuro incontro.

La lettera del ministro Giovanni Tria ha come oggetto “l’accordo per la definizione del concorso alla finanza pubblica della Regione Sardegna” da raggiungere, come previsto dall’articolo 1 comma 875 dell’ultima legge di stabilità nazionale “entro il 31 gennaio 2019”. “Questo comma – scrive il ministro – è finalizzato a definire il concorso della Sardegna in analogia con quanto convenuto con il Trentino Alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano, e successivamente con le regioni Sicilia e Valle d’Aosta. Nell’ipotesi di eventuale stallo nelle trattative – prosegue – il contributo a carico della Regione è determinato in via unilaterale, sia pur con il carattere di provvisorietà, in euro 536 milioni annui per gli anni dal 2019 al 2021″.

Nella risposta manca qualsiasi riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale dell’11 gennaio che vincola lo Stato alla restituzione alla Sardegna della quota accantonamenti da 285 milioni versata nel 2018. “La richiesta regionale di scomputare tout court dal concorso alla finanza pubblica l’importo di 285,3 milioni annui è risultata incompatibile con la sostenibilità del bilancio statale”, è scritto, come se la Corte Costituzionale non si fosse mai pronunciata nel merito. “In conclusione – è la parte finale della lettera – si chiede un ulteriore confronto orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l’autonomia finanziaria della Regione con gli indefettibili vincoli di finanza pubblica”.

“Registriamo le modalità irrituali di trasmissione della lettera, la tardiva ricezione, e il fatto che ignori completamente la sentenza della Consulta depositata l’11 gennaio”, risponde via Pec l’assessore del Bilancio, Raffaele Paci. Il vicepresidente della Regione ricorda infatti il pronunciamento della Corte Costituzionale, soprattutto la parte in cui stabilisce che “il legittimo ordine dei rapporti economico finanziari tra Stato e Regione deve essere ripristinato in considerazione ‘del ritardo dello sviluppo dovuto all’insularità”.

Paci conferma la disponibilità della Sardegna a perseguire un accordo in materia di finanza pubblica, “e a riprendere la trattativa con lo Stato come più volte richiesto con le numerose lettere inviate al Governo nei mesi precedenti e rimaste senza risposta”. In ogni caso, però, “la Sardegna proporrà ogni opportuna azione per ottenere l’immediata esecuzione della sentenza dell’11 gennaio”.

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