Accantonamenti, Pigliaru all’attacco: “Governo applichi sentenza Consulta”

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, la Regione non molla la presa sul fronte degli accantonamenti e chiede al Governo di seguire le decisioni della Consulta annunciando che si procederà con un’ingiunzione di pagamento e la richiesta di un commissario ad acta. Subito dopo la pubblicazione della sentenza favorevole alla Regione, il presidente Francesco Pigliaru ha scritto una lettera per chiederne l’applicazione al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la ministro dell’Economia Giovanni Tria, a quello degli Affari Regionali Erika Stefani, al sottosegretario della Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e al viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia. Ma da Roma non è ancora arrivata nessuna risposta. “Con assoluta chiarezza, la Consulta ha stabilito che il legittimo ordine dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione deve essere ripristinato ‘nella sostanza e non solo nella formale petizione di principio’, dando attuazione alla ‘sentenza numero 77 del 2015’ e in considerazione ‘del ritardo dello sviluppo economico dovuto all’insularità e dell’evoluzione dei complessivi rapporti finanziari tra Stato e Regione”, si legge nella comunicazione di Francesco Pigliaru.

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Il presidente della Regione ha sottolineato che nella sentenze della Consulta vengono elencati i fattori che devono determinare il ruolo della Sardegna nel contributo alla finanza pubblica: “Partendo dall’andamento storico delle entrate e delle spese della Regione, antecedente alla entrata in vigore della legge numero 42 del 2009, la rimodulazione deve tener conto della dimensione della finanza della Regione Sardegna rispetto alla finanza pubblica complessiva; delle funzioni effettivamente esercitate e dei relativi oneri; degli svantaggi strutturali permanenti, dei costi dell’insularità e dei livelli di reddito pro capite; del valore medio dei contributi alla stabilità della finanza pubblica allargata imposti agli enti pubblici regionali nel medesimo arco temporale; del finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”. Su questi aspetti i giudici della Corte costituzionale hanno sposato in toto la linea della Regione, per questo si chiede l’immediata applicazione della sentenza “con la conseguente restituzione dei relativi accantonamenti fino ad ora applicati, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Corte stessa al fine della rimodulazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione. In difetto di sollecito adempimento, la Regione si riserva ogni opportuna azione per il soddisfacimento dei suoi diritti e la tutela delle sue attribuzioni”.

“Siamo pronti ad agire se il Governo continuerà a far finta di niente”, annuncia il vicepresidente della Regione Raffaele Paci. “Insieme ai nostri legali abbiamo individuato le due strade da seguire, in contemporanea. Un giudizio di ottemperanza presso la Corte stessa, una procedura innovativa che potrebbe portare alla nomina di un commissario ad acta che sostituisca il Governo inadempiente, e un ricorso al giudice civile per ottenere i nostri 285 milioni attraverso un atto ingiuntivo al Governo. A questo punto, dopo una sentenza della Consulta che non lascia alcun dubbio, siamo pronti a tutto”.

L’assessore regionale a Programmazione e Bilancio ribadisce: “Abbiamo provato in tutti i modi a farci ascoltare, a chiedere incontri, a spiegare che la situazione è diventata insostenibile. E abbiamo detto tante volte che la Sardegna è sicuramente dalla parte della ragione, perché subisce un prelievo forzoso e ingiustificato, non inquadrato da criteri e regole oggettivi, e non giustificato da un contesto economico problematico, cosa che la Corte Costituzionale ha, con forza, detto in questa sentenza”. Secondo il numero due della Giunta regionale, non si tratta di una contrapposizione politica ma di un braccio di ferro che vede contrapposta l’Isola con lo Stato. “Il Governo per anni ha fatto finta di niente con Renzi e Gentiloni, e sta continuando a farlo con Cinque Stelle e leghisti. Col precedente Governo abbiamo fatto tanti incontri a Roma nel 2017 e non ci hanno fatto neanche una sola proposta concreta, al Governo Conte abbiamo mandato sette lettere e ci hanno praticamente ignorato – conclude Raffaele Paci -. Un atteggiamento davvero inqualificabile che, dopo questa sentenza così chiara e netta che non lascia alcuno spazio a dubbi o interpretazioni, non è più accettabile“.

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