Basta pagare (una miseria) e la Regione “sana” il cemento sulle coste

In Regione è come se avessero abolito il Servizio tutela del paesaggio. Nessuno se n’era accorto, eccezion fatta per gli aficionados degli abusi edilizi. Gli uffici che in teoria avrebbero il compito di preservare le coste e le zone vincolate dal cemento e dalle speculazioni, negli ultimi tempi hanno firmato svariati nullaosta, senza riscontrare alcun danno ai beni ‘tutelati’. E vista l’entità irrisoria delle sanzioni emesse, in Sardegna il prezzo di una sanatoria è parecchio competitivo.

Piscine e seminterrati, ma anche intere villette, bagni, verande e perfino capannoni industriali: a scorrere la lista delle autorizzazioni in sanatoria firmate nel solo 2015 (guarda), si stenta a credere che il settore dell’edilizia sia in crisi.

Qualche esempio? A Carloforte, condonare una piscina dopo aver pure ampliato la casetta al mare costa 555 euro. A quel punto conviene realizzare due immobili ex novo. Ed è proprio quel che ha fatto, sempre sull’Isola di San Pietro, un intrepido signore che grazie al condono del 2003 ha sanato “due immobili residenziali” con appena 1.643 euro. Più economica Villasimius: per incrementare la cubatura di una casa entro i 300 metri dal mare – zona che sulla carta dovrebbe essere semplicemente intoccabile – basta staccare un assegno di ben 258 euro. A Castiadas per un ampliamento volano via 348 euro, a Torre delle Stelle circa 854. Dipende chiaramente dall’entità dell’intervento.

L’exploit più significativo però lo si ha a probabilmente Capoterra, dove l’ufficio tutela è riuscito a condonare senza riscontrare alcun danno “due capannoni industriali con annessi uffici”, sempre in area vincolata. La domanda di sanatoria è stata presentata a valere sul condono del 1985 e la società proprietaria se l’è cavata pagando l’esosa sanzione di 285 euro.

La formuletta usata dai prodighi dirigenti e funzionari dell’ufficio tutela è sempre la solita: viste le carte, non si ritiene che l’intervento “abbia arrecato pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati dal vincolo e che le opere eseguite non abbiano alterato negativamente le caratteristiche paesaggistiche dei luoghi circostanti”. È la frase rituale riportata in quasi tutti gli atti di sanatoria, ed è grazie a questo mantra che le sanzioni comminate per risolvere la questione sono semplicemente ridicole. Perché se gli uffici avessero riscontrato un danno – quello cioè che a rigor di logica dovrebbe sempre o quasi derivare da un abuso edilizio in area vincolata – sarebbero entrate in azione le ruspe o, quanto meno, i conti in banca dei Signori del cemento sarebbero stati prosciugati a suon di multe di migliaia e migliaia di euro.

A parte il danno-fantasma poi, a minare la legittimità della maggior parte dei nullaosta accordati dalla Regione c’è un piccolo problema: il condono Berlusconi del 2003 non permette di sanare nuove cubature nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, come invece hanno fatto in viale Trieste. E non è mica una novità: gli uffici lo sanno almeno dal 2006 e una rinfrescata è stata data per l’ennesima volta nel marzo dello scorso anno, tanto che il direttore del servizio tutela Alessandro Pusceddu alla fine ha ammesso che l’iter seguito dagli uffici “si discostava” dalle norme. Nel frattempo però, nessuno ha pensato di chiedergli conto e congelare in autotutela le pratiche al vaglio della Regione.

Infine, ci sarebbe un altro banalissimo particolare: nelle zone tutelate, il via libera è sempre subordinato al parere della Sovrintendenza ai beni paesaggistici. All’Ufficio tutela sapevano anche questo. Non risulta però che negli ultimi dieci anni, qualcuno si sia preso la briga di interpellare i vertici di via Cesare Battisti.

A onor di cronaca però, la Regione in alcuni casi è stata inflessibile. Ad esempio, non ha battuto ciglio nel negare l’autorizzazione ad una coppia di Villamassargia che aveva intenzione di installare un impianto fotovoltaico sul tetto di casa. “L’abitazione è in centro storico, quindi niente da fare”, ha fatto sapere l’ufficio tutela. D’altronde, mica volevano colare cemento.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

(foto da gruppodinterventogiuridicoweb.com)

 

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