Meridiana tiene Olbia e Cagliari. E ‘scommette’ su soldi pubblici

Boom di arrivi nei tre scali nazionali dove si trovavano le basi della compagnia aerea. Ma Meridiana che fa? Decide di rimanere solo in Sardegna, dove il futuro si chiama continuità territoriale e soldi pubblici. Messi dalla Regione. Se c’è un comune denominatore nel piano industriale che l’amministratore delegato di Meridiana, Richard Creagh, ha presentato ieri ad Aiglemont al principe Karim Aga Khan, è una linea in controtendenza con il mercato del trasporto aereo. Il primo dato è incontrovertibile: il piano industriale prevede che la compagnia aerea chiuda le basi di Milano Malpensa, Verona e Firenze per concentrarsi su Olbia (cosa naturale, visto che è la sede della compagnia), ma anche su Cagliari. In questo secondo caso sfruttando le risorse messe in campo dalla Regione con la continuità territoriale.

Questo avviene quando i dati di Assaeroporto dimostrano come nel 2014 il traffico aereo sia cresciuto. In testa agli aumenti di passeggeri c’è, insieme a Fiumicino, proprio Milano Malpensa, con un +5,01%. Verona fa registrare un lusinghiero + 2,08%, mentre Firenze fa il botto con uno straordinario +13,60%. Numeri eccellenti, davanti a una crescita media dei passeggeri negli scali italiani pari al 4,5%. Anche Cagliari cresce con un +1,46%, meno però rispetto agli scali della Penisola.

La strategia di Meridiana: 7 Md80 e puntare sulla continuità territoriale

Davanti a numeri così importanti sugli scali dove un tempo Meridiana conduceva politiche commerciali da seconda compagnia aerea italiana, ora si profila un cambio di prospettiva che poggia sull’isola diventata strategica per la sopravvivenza della compagnia aerea sarda. Creagh starebbe infatti lavorando al cosiddetto “pacchetto Sardegna”. Meridiana dovrebbe chiudere le basi di Malpensa, Verona e Firenze e salvare quelle di Olbia e Cagliari. È una svolta rispetto all’ultimo piano, quello dell’ex ad Scaramella, che prevedeva il mantenimento di soli due aerei Md80 a Olbia.

Con l’impegno della Regione con la Ct2 (rotte minori) e la Ct3 (rotte internazionali, per le quali verrà presto predisposto un apposito bando di gara), l’ad Creagh sta ipotizzando di avere 7 aerei (tutti Md80) in servizio in Sardegna. Un piano che punta su un mercato “diretto” dalle sovvenzioni pubbliche della continuità territoriale e che manterrebbe la sola Air Italy orientata sul Continente, con la compagnia aerea gemella, dai costi più competitivi, che continuerebbe a volare da Malpensa e Napoli.

Un numero di aerei che potrebbe aumentare con l’aiuto del Governo e con la trattativa in corso con Alitalia, ala quale Meridiana ha chiesto una rotta della continuità territoriale 1, quella per Roma e Milano: nella fattispecie la Cagliari-Milano Linate. Traffico domestico, quindi. Proprio quando i dati ci dicono che si riscontra una netta crescita del traffico internazionale, con un +5,9% e, in particolare, del traffico Ue che registra un +7,5% rispetto al 2013. I passeggeri internazionali, circa 92 milioni, sono di gran lunga superiori a quelli nazionali, 57,7 milioni. Un segnale di attenzione verso l’Italia che, combinato con l’Expo milanese, fa pensare a notevoli opportunità extra-regionali.

Sul fronte esuberi torna d’attualità la cassa integrazione

Ovviamente, un piano industriale così concepito ha bisogno del ricorso agli ammortizzatori sociali per ridurre il numero degli esuberi che era stato quantificato originariamente in 1634 lavoratori (tra settore volo, amministrazione e maintenence), ma che si sono ridotti dopo i 297 esodi volontari intervenuti prima di fine anno. Spunta qui il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi, come la cassa integrazione, che originariamente erano stati esclusi dall’azienda sotto la gestione dell’ex ad Roberto Scaramella.

I licenziamenti ci saranno, ma l’azienda potrebbe ricorrere sia alla cassa integrazione (due anni al termini dei quali subentrerà il licenziamento o il richiamo in azienda), che alla mobilità con l’aggiunta del Fondo speciale per il trasporto aereo (parliamo di un massimo di tre anni, più due eventuali). La cassa integrazione è gradita ai sindacati per due ordini di ragioni: in primo luogo consente ai dipendenti di restare nel perimetro aziendale, ma anche e soprattutto gli concede un reddito fisso e sicuro, dal momento che viene anticipata dall’azienda che in passato ha sempre rispettato le scadenze. Cosa che invece non avviene con la mobilità: erogata dall’Inps, arriva con ritardi anche di 6 mesi, mentre le integrazioni al reddito del Fondo speciale non sono garantite, visto che il Fondo non è stato rifinanziato.

Il problema è che ancora una volta i costi per la sopravvivenza di Meridiana verrebbero assunti in una duplice direzione: da una parte l’azionista Karim Aga Khan (che si appresterebbe a una ennesima ricapitalizzazione da 100 milioni di euro), che ha già versato nelle casse della compagnia aerea 600 milioni di euro in meno di 10 anni. Dall’altra lo Stato con gli ammortizzatori sociali e la Regione con il carburante delle risorse pubbliche della continuità territoriale da iniettare nei motori ingolfati di Meridiana. Ma manca una voce importante: il mercato. Quello che dovrebbe consentire di produrre gli utili. O qualcosa che gli assomigli.

Giandomenico Mele

 

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