Un appello. “A difesa della democrazia in Occidente”. Un appello che porta addirittura la firma dell’Unione europea. La destinataria è Rwm Italia, costola col tricolore di Rheinmetall, colosso teutonico delle armi con quartier generale a Düsseldorf. Nel nostro Paese l’azienda tedesca si divide tra la sede legale di Ghedi, nel Bresciano, e lo stabilimento sardo di Domusnovas che è il braccio operativo, il cuore della produzione.
Da Rwm dipende la resistenza ucraina. Senza i colpi per i cannoni e i tank, l’esercito di Kiev non può fronteggiare l’avanzata russa. È La Repubblica oggi in edicola che dà conto della richiesta di Bruxelles sintetizzando così la storia dell’azienda sarda: “Da fabbrica del disonore, quella delle ‘bombe insanguinate’ che uccidevano i civili nello Yemen, a baluardo delle democrazie occidentali”.
Il potenziale ineguagliabile della Rwm è la possibilità di produrre appunto “i proiettili per l’artiglieria pesante, indispensabili per fermare l’esercito di Putin e rifornire gli arsenali vuoti della Nato”, spiegano ancora dal giornale romano. “Si tratta di colpi da 155 millimetri per l’artiglieria campale e da 120 millimetri per i tank Leopard 2: gli elementi decisivi da cui dipende l’esito della controffensiva per liberare i territori occupati”.
L’Ue sprona anche sulle quantità: “La commessa di 23mila colpi potrebbe non bastare”. E soprattutto bisogna fare in fretta per non lasciare sguarniti i soldati di Kiev. A Domusnovas l’impianto nuovo di zecca da 50 milioni di euro è pronto dal 2021. Nei mesi scorsi l’amministratore delegato Fabio Sgarzi ha spiegato a Sardinia Post come aumentare rapidamente la pianta organica, dando lavoro agli operai del polo chimico sulcitano che il posto continuano a perderlo. Ma il Consiglio di Stato ha ordinato una valutazione di impatto ambientale ex post.
Il risultato è che l’avvio della nuova linea, per il caricamento con pbx, è bloccata. L’impianto permetterebbe di produrre un esplosivo ad alto potenziale che rientra nella categoria dei semisolidi. “In questo modo si confezionerebbero rapidamente 50mila colpi anziché i 23mila della commessa”. Arrivando a impiegare oltre 450 lavoratori.
L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato la percezione della guerra, come a Repubblica ha confermato anche Stefania Craxi, presidente della Commissione Esteri. Proprio oggi il Parlamento deve votare la cancellazione del provvedimento che nel 2019 mise al bando le bombe. L’Ue, passati quattro anni, spinge in direzione opposta sotto la minaccia russa: “Serve la tempestiva disponibilità di proiettili, senza la sicurezza non possiamo difendere i nostri valori”.