I costi per l’approvvigionamento energetico e la congiuntura del mercato globale dell’energia hanno solo iniziato a produrre gli effetti negativi. In Sardegna tra le prime industrie a subire pesantemente questa oscillazione è la Portovesme Srl, che lega la sua storia produttiva alla questione dei costi dell’energia.
L’azienda ha annunciato che fermerà la linea di produzione zinco tradizionale, con una capacità annua di 100mila tonnellate, non più tardi della fine di dicembre, fino a quando non ci sarà un cambiamento significativo nei prezzi del mercato dell’energia. Questa decisione – spiega una nota dell’azienda del Sulcis Iglesiente – è stata presa a causa “degli spropositati prezzi dell’energia, sperimentati in Italia e nel resto d’Europa dall’inizio di quest’anno”.
La Portovesme Srl è l’unico produttore primario di zinco e piombo in Italia, appartenente al gruppo Glencore, leader mondiale nel settore dei metalli non ferrosi. Essendo un’industria ad alto consumo energetico, dipende fortemente da prezzi competitivi e stabili dell’elettricità. Le altre aree produttive con meno dipendenza dai consumi elettrici, come Waelz, SX e linea Piombo, verranno mantenute in marcia operativa normale.
La decisione avrà un impatto su circa 400 dipendenti diretti e sui correlati servizi esterni. La Portovesme Srl – spiega la nota – continuerà a monitorare la situazione del mercato energetico italiano al fine di rivalutare la propria decisione non appena le condizioni dei prezzi lo consentiranno.
Lavoratori e sindacati pronti alla mobilitazione. Domani incontro tra le sigle che rappresentano i dipendenti dell’azienda per prendere le prime decisioni. Una riunione urgente perché i tempi sono strettissimi. La strategia sembra chiara: sollevare la questione energia – indicata dall’azienda come la causa dello stop annunciato – sino ai massimi livelli istituzionali nazionali. “È un problema non solo sardo – spiega all’Ansa Emanuele Madeddu della Cgil – ma italiano, che riguarda ad esempio settori come la ceramica o le acciaierie. Va detto che in Sardegna si colpisce un territorio già fragile: con l’indotto si arriva a coinvolgere circa un migliaio di lavoratori”. Mosse ancora da definire. “Ma è chiaro che la risposta sul prezzo dell’energia deve essere politica – chiarisce il sindacalista -. Il nostro interlocutore deve essere innanzitutto la Regione. Non tanto perché possa sbloccare la situazione, ma perché può aiutarci a portare avanti la battaglia a livello nazionale. Per questo intendiamo coinvolgere il più possibile anche i parlamentari sardi”.