Caro gasolio, anche i pescatori sardi tremano: “Così le barche resteranno a terra”

Marzia Piga

È lungo l’elenco dei settori in crisi per il caro materie prime e caro energia che già da prima della guerra in Ucraina, come Sardinia Post aveva ampiamente affrontato, si era affacciata pesantemente sull’economia internazionale. Ma tra i vari settori che anche nell’Isola stanno cominciando a vacillare e fermarsi c’è quello della pesca. Nei giorni scorsi le marinerie di mezza Italia hanno protestato a Roma attirando l’attenzione del premier Draghi e in attesa di soluzioni dal Governo c’è chi chiama in causa la Regione per una situazione che rischia di far saltare gli equilibri economici di un settore fondamentale per l’Isola.

Ciò che allarma di più in questi giorni è l’aumento esponenziale e quotidiano del carburante, voce di uscita che pesa sempre di più nei bilanci delle aziende e arriva a essere il discrimine tra lavorare o fermarsi. Come sottolinea Giovanni Loi, presidente cagliaritano dell’Agci (Associazione generale cooperative italiane) Sardegna e responsabile del settore Pesca, gli aumenti sono talmente alti che non possono venire assorbiti nemmeno se per miracolo si pescasse di più e si vendesse a prezzi più alti sul mercato (il che vorrebbe dire un balzo dei prezzi al consumo).

La fotografia è chiara: “Se parliamo del sistema pesca con imbarcazioni a grosso tonnellaggio, quelle che arrivano fino ai limiti delle acque internazionali e che sono circa un centinaio in tutta l’Isola, il danno è incalcolabile. Stiamo andando verso il fermo totale perché per queste flotte il costo del gasolio incide fino al 60 per cento. Un aumento insostenibile che non può essere in alcun modo compensato e si interromperà questo tipo di pesca”.

Pesante, ma meno invasivo è l’aumento nel settore della piccola pesca, circa 1.300 pescherecci. “Sono imbarcazioni che non fanno tragitti molto lunghi, ma subiscono i primi contraccolpi e sono costretti sempre più a pescare sotto costa“, spiega Loi. L’incidenza del costo del carburante è invece minima per gli stagni e le lagune. Per quella filiera, però, a pesare è il caro elettricità che si fa sentire nella gestione degli impianti di lavorazione del pescato e negli stabulari di mitili che necessitano di grandi approvvigionamenti. Per Giovanni Loi una soluzione potrebbe essere un aiuto da parte della Regione, nello specifico dell’assessorato dell’Agricoltura, che incentivi la realizzazione di impianti a energia rinnovabile anche per le aziende ittiche, oltre a quelle agricole. Il settore della pesca in sardegna conta quasi 4mila pescatori.

Marzia Piga

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