di Andrea Tramonte
Sul palco erano in tre, sistemati di fronte a una serie di synth, campionatori e macchine varie. Erano vestiti completamente di nero, avvolti dal fumo e illuminati solo da qualche luce rossa e blu. Una scelta di “austerità” che andava di pari passo con l’attitudine sul palco – un “buonasera” detto durante tutta la performance, e solo a metà live – e soprattutto con la musica: una liturgia drammatica, un magma sonoro ostile, a tratti violento, un flusso carico di stratificazioni, dilatazioni, pause e brusche accelerate che hanno reso l’ora e mezzo di concerto una esperienza immersiva, catartica: una sensazione di trance cui abbandonarsi facendosi accompagnare dalla traiettorie imprevedibili della musica. Era una delle date più attese dell’estate dell’Isola quella di Iosonouncane, che si è tenuta ieri nel canyon del Parco dei Suoni di Riola Sardo (per l’organizzazione di Mis). Jacopo Incani, musicista di Buggerru, ha pubblicato da poco il suo terzo album, il monumentale Ira: due ore di musica tra psichedelia, prog, elettronica, canzone d’autore e sperimentazione (leggi qui la nostra intervista). E quasi tutto il concerto è stato dedicato alle nuove tracce, con l’eccezione di Buio e Tanca estratti da Die del 2015 – per l’occasione rimaneggiati (il primo in versione pacificata e morriconiana, il secondo reso ancora più cupo e massiccio) – e di due strumentali inediti che hanno fatto da raccordo tra le tracce.
L’attesa di tornare a sentire live dopo le pesanti restrizioni dovute alla pandemia è stata lungamente ripagata da un concerto di grandissimo impatto, che è andato letteralmente sold out. È l’ossatura del beat a reggere i brani, una presenza ancora più massiccia che su disco e in grado di esaltare l’impatto fisico del suono: percussioni tribali e casse dritte su cui si innestano synth e campionamenti che vanno a creare muri di suono massivi, avvolgenti e massimalisti. E poi c’è la voce, che diventa sempre più strumento tra gli strumenti: l’uso del falsetto, le profondità abissali e poi i graffi acidi rivelano una crescita importante per Jacopo anche nell’uso del canto. Sul palco era accompagnato da due musicisti e collaboratori storici di Iosonouncane, Bruno Germano e Amedeo Perri.
Video girato da Marco Follesa di Castia.Me per Sardinia Post
Il concerto è concepito quasi come un flusso unico, cinematico. Poche pause e brani che sfumano gli uni negli altri, in un viaggio che dall’Isola riesce a raggiungere l’Africa torrenziale e i cieli oscuri del nord Europa. I richiami musicali sono numerosi – da Radiohead ad Apparat, Andy Stott, Portishead, Scott Walker, Swans – ma l’impronta è sempre più, e definitivamente, la sua. Durante la serata ha aperto le danze Alek Hidell, musicista e produttore elettronico sardo trapiantato a Milano che ha pubblicato di recente il suo disco d’esordio, Ravot (leggi qui la nostra intervista), con il racconto astratto di una vecchia vicenda ambientata a Buggerru (curioso come due importanti dischi italiani usciti nel 2021 abbiano in qualche modo a che fare con il paese sardo). Dario Licciardi ha fatto un live conciso e fulminante, dove ha privilegiato i brani più movimentati e ritmici del disco in una sintesi di library music, echi morriconiani, prog, hip hop astratto, richiami afro e disco.