Le grafiche con la Olivetti che richiamano il tappeto sardo: l’arte di Davide Tocco diventa un libro

Andrea Tramonte

Il processo creativo è mediato da una Olivetti Dora, una vecchia macchina da scrivere progettata da Ettore Sottsass nel 1965. Davide Tocco – artista di Villamassargia classe 1981 – batte sui martelletti per ottenere dei segni – lettere e numeri – che poi diventano elementi grafici, pattern sui quali gioca con sovrapposizioni e manipolazioni. Il risultato è astratto e familiare insieme. E quell’elemento riconoscibile, il modo in cui i segni vanno a comporsi in strutture e geometrie, in un linguaggio, richiama in maniera fortissima l’immaginario del tessile sardo, tutto quel patrimonio di elementi grafici che storicamente sono andati a comporre l’estetica di tappeti e arazzi tradizionali. “Il tessile è stato il punto di partenza – racconta lui a Sardinia Post -. La sorella di mio nonno lavorava al telaio, così come due mie zie. A fianco a casa mia c’era un laboratorio artigiano e in paese tempo fa ce n’erano 11 in totale. Per me è facile considerare il punto sulla carta come un pibione. E la macchina da scrivere è come il telaio. Mi piace l’idea di usare un mezzo nuovo – anche se obsoleto – per riscrivere quel tipo di immaginario”. 

Se il tessile è il punto di partenza a livello estetico, è la passione per la calligrafia che ha fatto muovere i primi passi a Tocco. “Mi è sempre piaciuta la bella grafia e alle elementari mi esercitavo a scrivere come il mio maestro, cercando di copiare il suo corsivo così arzigogolato”. Poi nel 2010 frequenta dei corsi di calligrafia e inizia dall’abc con carte, calamai e penne. E come nei graffiti che partono dalla rappresentazione del lettering, anche Tocco parte dalla lettera per trasformarla in segno. Negli anni ha studiato architettura al Politecnico di Milano e poi una scuola civica di arte contemporanea a Iglesias. Un giorno è andato nel mercatino della cittadina e ha trovato una macchina da scrivere. Il prezzo era esattamente quello che aveva nel portafogli. “L’ho interpretato come un segno – racconta -. Poi ho scoperto che si trattava di una Dora, progettata da Sottsass che aveva lavorato a Iglesias sul mercato civico e diverse abitazioni di minatori. Un terreno di eventi e coincidenze che mi hanno portato a lavorare con la macchina da scrivere”. 

Il lavoro creativo parte dal tasto. “Gioco con la macchina, vedo il segno che lascia sulla carta. Lavoro sulla superficie, che richiama il processo pittorico. Però il battere dei martelletti può essere simile allo scalpello e al martello dello scultore. Il punto di vista estetico invece è architettonico”. L’immagine che ottiene Tocco è astratta. Non impone un punto di vista ma stimola in chi guarda un ricordo, un codice che poi l’osservatore compone in una immagine. “La composizione è un lavoro di sovrapposizioni e di riletture. Di pazienza. Le sovrapposizioni dipendono dal tipo di segno. Se compongo una U con una T ottengo un certo tipo di segno, che se ripetuto forma una griglia. Questi pattern di lettere danno possibilità infinite. I segni sulla macchina da scrivere sono 88. Sono come i tasti del pianoforte. La composizione è libera ma allo stesso tempo vincolata da margini e dal lavoro con la macchina”.

A fine maggio il lavoro di Tocco sarà raccolto in un volume che uscirà in collaborazione con Oreri, piccola casa editrice e tipografia cagliaritana condotta dal grafico Luca Carboni e da  Andrea Garcés. Il progetto editoriale sarà in italiano e in inglese, si chiama Utopie dattilotessili e raccoglie la riproduzione di 120 opere grafiche dattiloscritte di Tocco realizzate fra il 2017 e il 2022. Oltre alle opere riprodotte, Utopie dattilotessili include una introduzione di Fiammetta Pani e Ilaria Pisanu (curatrici e fondatrici dello spazio Cultìna, a Cagliari, che ospiterà anche la prima presentazione del libro con una mostra dell’artista), un saggio di Wu Ming 1, un glossario a cura di Federico Antonini, e una conversazione fra gli editori e Tocco.

Il libro verrà stampato in 500 copie con la tecnica risograph, ossia con un duplicatore digitale, su carta Munken polar da 120 grammi, in formato 24×32 cm. L’aspetto particolare del libro è il fatto che verrà realizzato interamente senza l’utilizzo di computer e software di progettazione grafica, ma utilizzando il piatto di scansione e il software di separazione dei colori del duplicatore per scansionare e riprodurre le opere originali. Allo stesso modo, i testi e i paratesti verranno dattiloscritti a macchina e riprodotti con lo stesso sistema. Il libro quindi si prefigura come un’opera di grande qualità editoriale, a metà fra il catalogo e il libro d’artista, interamente fotocopiato in 2 colori, rosso e nero, che sono i colori dei nastri della macchina da scrivere utilizzata per produrre le opere. Per la stampa l’editore ha lanciato una campagna di crowdfundingquesto il link – per coprire i costi della carta, degli inchiostri e delle matrici, più la rilegatura in brossura. (Le ultime due foto sono di Antonio Vitti)

Andrea Tramonte

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