Uccise il compagno di cella a colpi di sgabello, la perizia: incapace d’intendere e volere

Sono arrivati gli esiti delle perizie psichiatriche dopo l’omicidio, nel carcere di Bancali, di Graziano Piana, il compagno di cella di Giuseppe Pisano, il detenuto che a fine luglio l’ha aggredito e ucciso, spaccandogli la testa con uno sgabello. Ebbene, mentre compiva l’omicidio, Pisano era totalmente incapace di intendere e di volere. Così hanno stabilito le perizie psichiatriche depositate dalla consulente Claudia Granieri, nominata dal dal gip del Tribunale di Sassari, Giuseppe Grotteria, e del perito di parte nominato dal pm, Angelo Beccu, Pietro Pietrini.

Secondo le perizie, illustrate oggi in udienza, alla presenza dello psichiatra forense Giuseppe Ferri nominato dall’avvocato Simone Vargiu, difensore dell’imputato, Pisano ancora oggi, pur essendo in grado di sostenere un procedimento penale a suo carico, ha una scemata capacità di intendere e presenta una elevata pericolosità sociale. In base a queste conclusioni il pm ha chiesto come misura cautelare che Pisano sia trasferito in una Rems per ricevere le cure adeguate o, in mancanza di posti disponibili, in una clinica psichiatrica, piantonato dagli agenti. Anche la difesa, nell’impossibilità di un ricovero in Rems, ha chiesto il trasferimento in una comunità di cura ad alta densità.

Presente all’udienza anche l’avvocato di parte civile, Paolo Spano, in rappresentanza della famiglia Piana. Il gip adotterà un provvedimento nelle prossime ore. Intanto resta pendente in Procura un esposto presentato dall’avvocata Rosaria Manconi su incarico della mamma di Pisano, con cui si chiede che siano accertate eventuali responsabilità nella tragedia che si è consumata nel carcere di Bancali la notte tra martedì 26 e mercoledì 27 luglio, dopo che Pisano era stato arrestato per ubriachezza molesta e maltrattamenti in famiglia. Secondo l’esposto l’uomo “aveva bisogno di cure, non del carcere. C’era già una perizia psichiatrica che lo definiva socialmente pericoloso. Non doveva andare in cella con altri detenuti”.

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