Terroristi pakistani a Olbia, ‘pizzino’ con preghiera del kamikaze avviò l’indagine

Era agosto 2005. Il capo della comunità pakistana a Olbia venne controllato al porto, prima di imbarcarsi su un traghetto per Civitavecchia.

Un pizzino con la preghiera del martire musulmano. È partita da lì l’indagine della Digos di Sassari. Era agosto 2005, quando “il frammento col testo in arabo”, spiega Mario Carta, capo della Sezione investigativa della Polizia, venne trovato nella casa olbiese di Khan Sultan Wali, il boss della comunità pakistana in Gallura, commerciante di professione con negozi anche a Roma, nonché finanziatore delle cellule terroristiche di Islamadad. La “perquisizione preventiva” nell’abitazione di Wali scattò dopo che al porto di Olbia, contro l’allora 29enne abbaiò un cane addestrato per trovare tracce di esplosivo. Wali doveva imbarcarsi su un traghetto diretto a Civitavecchia.

In quel periodo, in tutto il mondo era massima allerta. Un mese prima, infatti, Al Qaeda aveva di nuovo seminato il terrore con gli attentati a Londra. Wali, quindi, finì subito sotto intercettazione, benché la polizia non trovò bombe in casa sua. Quel pizzino, però, fu sufficiente per far aprire l’indagine dalla Dda di Cagliari.

Il resto sono tasselli sistemati nel corso degli anni. E dalla chiusura dell’inchiesta, nel 2012, ce ne sono voluti altri quattro per sbobinare tutte le conversazioni tra i nove arrestati, più altrettanti contro i quali è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare. Un obiettivo, questo, che la polizia ha raggiunto reclutando fidatissimi pakistani per la traduzione delle telefonate rigorosamente in dialetto.

Fatto sta che da quelle intercettazioni è emerso che un kamikaze arrivò realmente in Italia. L’identità del potenziale martire non è stata resa nota. Ma Carta ha spiegato che “sbarcò all’aeroporto di Roma nel marzo del 2010”. E un dettaglio, in merito, lo ha aggiunto pure il procuratore capo di Cagliari, Mauro Mura: “Il kamizaker prescelto – ha detto – venne poi fatto allontanare dall’Italia per alleggerire la pressione dei controlli, visto che la cellula pakistana sapeva di essere intercettata”.

La presenza del martire, in ogni caso, non era a scopo intimidatorio. Dalle telefonate risulta che i presunti terroristi volevano realmente organizzare un attentato in Italia, precisamente “a Roma e in luogo affollato“. Si fece addirittura espresso riferimento al Vaticano, con Raztinger papa dal 19 aprile 2005 (il pontefice tedesco si è poi dimesso 11 febbraio 2013).

Ma se il piano di Roma saltò, la cellula pakistana aveva fatto sul serio un anno prima a Peshwar. Precisamente il 28 ottobre 2009, lo stesso giorno in cui Hillary Clinton, allora segretario di Stato del primo governo Obama, iniziava la sua visita a Islamabad. Un’autobomba uccise 137 persone, soprattutto donne e bambini, e ne ferì altre duecento. A Peshwar, che si trova a 200 chilometri a nord-ovest della capitale Islamabad, c’erano pure i tre pakistani arrestati oggi a Olbia. Ovvero, il capo della comunità, Khan Sultan Wali, più Khan Imitias, nato a Swabi nel ’75, e Muhammad Siddique, classe ’78, anche lui di Swabi. Ma in tutto sono state 18 le ordinanze di custodia cautelare emesse.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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