Randazzo: “Aias infangato da poche mele marce”. Spunta foto a paziente nuda

Ecco cosa ha detto al gip il direttore amministrativo dell’Aias. In questa intervista lo racconta Leonardo Filippi, legale di Vittorio Randazzo.

Vittorio Randazzo sapeva dal 2014 che all’Aias c’erano stati episodi poco piacevoli ai danni dei pazienti e per questo aveva firmato alcuni provvedimento disciplinari. Ma ignorava la portata degli eventi, perché tra i dipendenti c’è un’omertà pazzesca”. A Sardinia Post lo racconta Leonardo Filippi, l’avvocato difensore del direttore amministrativo finito sotto inchiesta – insieme ad altre tredici persone – per i maltrattamenti ai disabili ospitati nel centro di Decimomannu. Calci e pugni, ripresi dalle cimici sistemate dai carabinieri nella struttura di via Carducci 7 (guarda il video). Ma Filippi precisa: “In questa vicenda, è il mio assistito la parte offesa. Poche mele marce stanno infangando il nome dell’Aias, fondato dal padre del dottor Randazzo per via di una figlia paraplegica”.

Randazzo – che in concorso con la responsabile amministrativa Sandra Murgia è accusato di percosse, maltrattamenti, lesioni personali e di aver omesso di informare i familiari dei pazienti di quanto accadeva nel centro – è stato interrogato oggi dal gip Giampaolo Casula. Non ha risposto alle domande dirette. “Non ha potuto rispondere alle domande del giudice – fa sapere il legale – perché non ha avuto il tempo di leggere le migliaia di pagine degli atti. Ma si è difeso con documenti interni dell’Aias. Ha reso dichiarazioni spontanee e ha allegato una memoria difensiva”.

Professor Filippi, il suo assistito quindi sapeva.

Il mio assistito sapeva di episodi marginali. Il mio assistito non sapeva nulla di quando contestato dalla Procura di Cagliari. Perché malgrado i dipendenti abbiano, per contratto, l’obbligo di riferire quanto avviene nei singoli centri, a Decimomannu ciò non è successo.

Sembra un po’ uno scarica barile.

Assolutamente no: il dottor Randazzo è direttore amministrativo di tutte le quarantatré strutture Aias della Sardegna. Non può stare contemporaneamente in tutti i centri. Per questo ha costruito un sistema di controlli, a tutela dei pazienti.

Quale sistema?

Ogni struttura ha un responsabile amministrativo, a cui i sottoposti hanno l’obbligo di riferire quando accade. E ogni dipendente ha il dovere di raccontare anche eventuali condotte non piacevoli messe in atto dai colleghi.

La contestazione del Gip, però, è precisa e si muove in direzione opposta. Nell’ordinanza, il giudice ha scritto che Randazzo, “in qualità di direttore amministrativo dell’Aias, pertanto titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei degenti in virtù di specifici poteri-doveri di direzione e di vigilanza, omettendo di esercitarli e di intervenire al fine di correggere o eliminare le condotte illegittime della responsabile Sandra Murgia e degli altri dipendenti del Centro di Decimomannu, sottoponeva i pazienti ricoverati ad abituali vessazioni, privazioni, mortificazioni e violenze fisiche”.

Ribadisco: a tutto il personale il mio assistito, in qualità di direttore amministrativo, aveva imposto l’obbligo di riferirgli quanto accadeva nelle strutture. Se poi questo non è avvenuto, non è una sua responsabilità. La miglior riprova della buona fede del dottor Randazzo, è il fatto che nessuno dei parenti ha portato via un solo paziente dal centro di Decimomannu.

All’Aias di Decimomannu, a guardare le immagini, le botte non sono state un caso isolato. Visto anche il numero degli indagati.

Tra i dipendenti c’è un’omertà pazzesca. Scoprire e accertare un abuso si è rivelato di spaventosa difficoltà.

Il suo assistito come ha dimostrato di sapere che nella struttura di via Carducci succedeva qualcosa di strano?

Abbiamo consegnato i provvedimenti disciplinari, che erano consigliati dal consulente del lavoro e dall’avvocato lavorista.

Di che anno sono?

Del 2014 e del 2015.

In cosa consistevano quei provvedimenti disciplinari?

Per esempio nella sospensione di dieci giorni dal lavoro, e senza retribuzione.

Per quali episodi?

In un caso c’è stata un’ingiuria pesante a un ospite della struttura. In un altro venne scoperta una fotografia fatta a una paziente nuda.

Solo questo?

I casi venuti alla luce sono pochi, tre o quattro.

Ricorda i nomi dei dipendenti che hanno ricevuto un provvedimento disciplinare?

Roberto Cannavera (infermiere di Dolianova) ed Eugenio Ena (operatore sociosanitario di Decimoputzu). C’è anche un’infermiera rumena, di cui adesso non ricordo il nome.

Sulle botte riprese dalle telecamere né Randazzo né la Murgia hanno mai saputo nulla?

Mai. I dipendenti si coprono tra loro.

È un’accusa pesante.

In questa vicenda, è il mio assistito la parte offesa: per colpa di poche mele marce, si sta infangando il nome dell’Aias, dove è considerato un illecito anche tollerare che i lavoratori non riferiscano quanto realmente accade nelle strutture.

Quanti dipendenti conta l’Aias?

Solo a Decimo sono 130; 1.200 in tutta l’Isola.

Mai un licenziamento per eventuali condotte illecite?

Mai. Non c’erano gli estremi per gli episodi che hanno portato ai provvedimenti disciplinari.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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