Quartu, ecco le linguine ai ricci ‘fake’: nuova campagna a difesa della specie

Un piatto di “linguine ai ricci di mare” per salvare gli stessi dalla pesca intensiva e dallo spopolamento nei mari italiani, in particolare quelli della Sardegna. La gustosa provocazione arriva da un ristorante di Quartu, che ha elaborato una ricetta in grado di riprodurre sapore, profumo e consistenza dei ricci senza però utilizzarli nella preparazione. Parte del ricavato dalla vendita del piatto, chiamato “Il riccio è un capriccio” andrà a sostenere la campagna di sensibilizzazione #Iriccimipiaccionoinmare dell’associazione QuiEtica, che ha già visto aderire numerosi ristoratori decisi a non servire più il prelibato ingrediente.

L’iniziativa è stata presentata giovedì 19 dicembre con una serata di degustazione della nuova lavorazione chiamata a sostituire la ricetta originale. “Abbiamo voluto lanciare un segnale forte – spiega Giuliano Matta, titolare del ristorante Frontemare – che andasse oltre la semplice eliminazione dei ricci dal menu del ristorante e si trasformasse in un supporto concreto a chi, come QuiEtica, aiuta ad accendere i riflettori su un problema di enorme portata. Con l’occasione, grazie al nostro chef, abbiamo anche dimostrato che si può sacrificare l’ingrediente principale senza rinunciare al suo gusto”.

“Nella creazione di questo nuovo piatto – aggiunge lo chef Emanuele Cossu – siamo partiti dalle caratteristiche della proteina del riccio, base dell’emulsione che usavamo nella precedente ricetta, sostituendola, dopo numerosi tentativi, con un altro ingrediente dal forte sapore di mare e dalla resistente catena di amminoacidi, le cozze, materia prima autoctona e non a rischio, mentre la consistenza dell’emulsione è stata fissata grazie anche all’impiego del tuorlo d’uovo”.

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Le taglie commerciali del riccio, 5 centimetri senza gli aculei, sono fortemente a rischio nei mari sardi. Non solo a causa della pesca abusiva.  I pescatori professionisti infatti possono prelevare fino a 2000 esemplari al giorno per 6 giorni alla settimana. Calcolando che i pescatori autorizzati sono 189 e che la stagione di pesca dura 5 mesi e mezzo, possono essere pescati potenzialmente 49 milioni di ricci all’anno nelle sole acque sarde. I calcoli li ha fatti Manuela Maninchedda, presidente dell’associazione QuiEtica: “Si tratta di calcoli difficili da effettuare con accuratezza ma non per questo meno allarmanti anche perché, come sottolineato nel recente rapporto dell’agenzia regionale Agris, il 35% dei pescatori professionisti non riconsegna il libretto annuale dove annotare il numero degli esemplari pescati. Inoltre, è pressoché impossibile calcolare quelli prelevati dalla pesca abusiva. Un’indagine dell’Università degli Studi di Cagliari ricorda che il ripopolamento viene compromesso anche dal fatto che il 50% dei ricci pescati abbiano una teca di dimensione inferiore alla taglia minima commerciale rendendo necessario l’impiego di oltre 1200 ricci per ricavare un kg di polpa ad uso alimentare”.

La raccolta fondi attraverso il piatto “Il riccio è un capriccio” va ad aggiungersi alle numerose iniziative a tutela dei ricci lanciate nelle ultime settimane da diverse realtà del territorio, come la petizione popolare promossa dal Gruppo d’Intervento Giuridico per un piano di salvaguardia a medio-lungo periodo che ha raccolto le firme di oltre 7000 cittadini sardi. QuiEtica utilizzerà la donazione: per finanziare la campagna di astensione dal consumo dei ricci #iRicciMiPiaccionoInMare durante tutta la stagione in attesa di vederne regolamentata ulteriormente la pesca; per istituire un osservatorio permanente che coinvolga tutti gli attori coinvolti, ovvero Istituzioni, pescatori, consumatori, ristoratori e università; per produrre un documentario sul tema che racconti come questa specie sia a rischio anche in altre regioni italiane, come Sicilia, Puglia e Campania, e in altri Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo.

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