Pellicce, casa ristrutturata e borse: così avvocata di Cagliari usava i soldi degli assistiti

Adesso si conosce anche il nome dell’amministratrice di sostegno a cui le Fiamme gialle, attraverso il Nucleo di Polizia economico-finanziaria, hanno sequestrato beni per 620mila euro, frutto dei soldi presi alle 40 persone a cui la donna ha gestito i conti correnti e il patrimonio per nove anni, dal 2012 al 2020. La professionista è Daniela Caliendo, 54 anni, avvocata di Cagliari che per la terza volta finisce nel mirino della Procura.

I sigilli ai 620mila euro di beni valgono una nuova inchiesta in mano alla pm Ginevra Grilletti. Ai primi di maggio, invece, la Caliendo è stata condannata con rito abbreviato a due anni e due mesi, pena convertita in lavori di pubblica utilità: in totale 1.580 ore in cui l’avvocata dovrà fare la volontaria alla Caritas e in una parrocchia. Di novembre 2020 la prima condanna: allora la Caliendo aveva patteggiato ventidue mesi. Ma stando agli atti, la situazione è rimasta analoga, il raggiro ha funzionato sempre allo stesso modo. L’unica differenza è che sino a questa nuova indagine era venuta fuori solo la punta dell’iceberg: i fatti del 2017, per esempio, hanno riguardato “appena” 20mila euro portati via a una anziana, nulla in confronto ai 620mila euro di beni sequestrati ora. Come nel passato, la Caliendo deve rispondere di peculato. Si è invece aggiunta l‘accusa di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, visto che così sono classificate le funzioni di amministratrice di sostegno, da cui per ora l’avvocata è sospesa.

Le Fiamme gialle, coordinate dalla Procura, hanno fatto chiarezza su ogni singolo movimento bancario della professionista di Cagliari, scoprendo che usava i soldi degli assistiti per comprarsi borse firmate, pellicce e altri beni di lusso. Non solo: dai conti a cui aveva accesso, in quanto amministratrice di sostegno, era arrivata a pagare le proprie tasse e ristrutturare casa. Ricaricava anche una carta di credito “utilizzata per spese personali”.

Nella nota stampa diffusa ieri dalla Guardia di finanza, è emerso che la Caliendo “nell’espletamento dell’incarico induceva in errore il giudice tutelare” di volta in volta incaricato, giudice chiamato a controllare l’operato di ogni amministratore di sostegno con l’obiettivo di controllare la regolarità della gestione. L’avvocata condannata “produceva anche documenti falsi“. Resta invece da capire come abbia potuto “omettere informazioni rilevanti e obbligatorie“, come rimarcano le Fiamme gialle, se la consegna di questi atti al tribunale è obbligatoria per legge.

La Caliendo, risulta ancora dal lavoro di Procura e finanzieri, “distraeva i soldi degli assistiti spostandoli su due suoi conti correnti“. Le operazioni venivano fatte online. Ma proprio dalle tracce lasciate dai singoli Iban gli inquirenti hanno potuto ricostruire i passaggi di denaro e tutte le altre spese fatte nel corso degli anni.

L’avvocata di Cagliari, difesa da Gigi Porcella e Massimo Ledda, si era fatta un nome come amministratrice di sostegno ed esperta in diritto di famiglia, una professione che affiancava a quella di docente alle Superiori. “Dare una risposta a chi vive nel disagio” era il suo motto della Caliendo. Al momento non è dato sapere a chi siano stati affidati gli assistiti tolti alla professionista di Cagliari sospesa dall’Albo e adesso destinata ai lavori di pubblica utilità.

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