Il naufrago di Stintino fa scena muta: i traumi sul corpo del cugino restano un mistero

Giovannino Pinna ha deciso di non parlare. Di nuovo. Il 35enne naufragato il 12 aprile insieme al cugino Davide Calvia, trovato cadavere dieci giorni dopo, ha fatto scena muta davanti alla pm Laura Senatore che ha interrogato il superstite nella caserma dei carabinieri a Porto Torres.

Pinna è arrivato insieme al suo avvocato Luca Barrocu. Camminava sorreggendosi a una stampella. “È molto provato emotivamente e fisicamente per quanto accaduto”, ha detto il suo legale. Ma Pinna non si è deciso a raccontare cosa è successo quel pomeriggio di un mese fa. Tanto che la sorella del cugino, a più riprese, ha rimarcato la gravità di quel silenzio.

Il 35enne vede rispondere intanto di omicidio colposo: dall’autopsia, infatti, è emerso che sul corpo di Calvia sono stati trovati diversi traumi. Il 38enne non è morto annegato. Vuol dire che su quella barca, ipotizzano gli inquirenti, è successo qualcosa e solo Pinna può dirlo, da unico testimone.

Contro il 354enne c’è poi l’accusa di naufragio colposo: anche su questo aspetto c’è una stranezza, perché Pinna, quando lanciato l’allarme, ha detto di essere in un punto, precisamente tra Pozzo San Nicola e la centrale di Fiume Santo. Invece lì, a Ezzi Mannu, le ricerche diedero esito negativo. Non solo: dalle indagini è emerso che prima del naufragio il telefono di Pinna si era ‘attaccato’ alla cellula telefonica di Marritza, nel Comune di Sorso, dalla parte opposta.

La terza accusa è il furto di barca: quella dove si trovavano Pinna e Calvia è colata a picco. Ma nello stesso giorno del naufragio da porto di Stintino è stato rubato un semicabinato. Una coincidenza su cui la testimonianza di Pinna sarebbe fondamentale. Invece l’indagato ha fatto anche oggi scena muta.

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