Nel Marganai, dopo il passaggio delle motoseghe che col placet dell’Ente foreste hanno raso al suolo decine di ettari di lecceta, nell’area di Su caraviu è scomparso lo strato superficiale del terreno. Quello, per intendersi, indispensabile per la ricrescita del bosco. E la gravità del danno è “elevata” (leggi). Non lo dicono gli ambientalisti o i detrattori della ceduazione: lo mettono per iscritto gli esperti chiamati proprio dall’Ente foreste per redigere, dietro un compenso superiore al milione di euro, i piani particolareggiati delle foreste sarde.
Cosa strana: a differenza di altri, il documento in questione (guarda) non è mai stato pubblicato. Certo è che smentisce le rassicurazioni del commissario Giuseppe Pulina, strenuo difensore del progetto ma pure degli autori del Piano, i professionisti della Dream di Arezzo e della Rdm di Firenze: “Un team di esperti, alcune fra le migliori professionalità italiane con curriculum internazionale nel settore”, ha scritto a settembre, in una nota stampa inviata alle testate per ribadire come nel Marganai andasse tutto benissimo. Il documento che pubblichiamo è stato approvato esattamente un anno fa, a novembre 2014.
Ma nelle carte firmate dai professionisti ingaggiati dall’Ente foreste e rimaste finora sconosciute, c’è anche dell’altro. Un elemento cruciale. Quando a fine settembre il Sovrintendente ai beni paesaggistici di Cagliari e Oristano Fausto Martino decise di imporre lo stop al taglio della lecceta del Marganai, lo fece per un motivo ben preciso: nessuno aveva interpellato i suoi uffici, come prevedono le norme quando si tratta di tagli produttivi. “Ma non si doveva chiedere alcuna autorizzazione, perché è un intervento colturale”, ovvero di miglioramento del bosco, ha precisato in più di un’occasione il commissario dell’Ente foreste. Ma gli esperti affermano un concetto diverso: “Le attività di ceduazione sono di tipo produttivo”, sia a Su caraviu, sia a S’isteri – Sa tellura, scrivono in modo chiaro.
Pablo Sole
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