Coronavirus, ospedali con casi record. L’anestesista: ‘Errori e sottovalutazioni’

Ormai sono diventati decine – anche se manca il numero preciso – i dipendenti ospedalieri che hanno contratto il coronavirus. Medici, infermieri e operatori socio-sanitari: tutti – senza differenze – stanno finendo nella catena infernale dei contagi. “Per errori e sottovalutazioni”. Lo dice a Sardinia Post il rianimatore-sindacalista, Cesare Iesu, presidente regionale di Aaroi Emac, l’associazione che raccoglie i medici anestesisti rianimatori e di cui Iesu è anche il numero due nazionale.

Dottore, la Sardegna sembra avviata verso un triste primato: di coronavirus si stanno ammalando soprattutto i sanitari. Un bollettino da guerra che ha preso avvio nei giorni scorsi a Nuoro e quando l’emergenza barbaricina sembrava rientrata, è cominciata quella a Sassari.

Confermo tutto. Sono davvero numerosi i contagi negli ospedali. Per questo come presidente di Aaroi Emac ho spedito una lettera all’assesore regionale alla Sanità.

Si può sapere cosa ha scritto a Nieddu?

Una cosa semplicissima e necessaria, finora non fatta, a ben vedere: qualunque persona entri in cura negli ospedali della Sardegna, va trattata come se fosse un paziente infetto.

Finora non è stato così?

A giudicare l’alto numero di contagi, probabilmente è andata in maniera diversa.

Come Aaroi Emac chiedete i tamponi per tutti i pazienti?

Assolutamente sì. E tuttavia si tratta di una misura che da sola non basta: nella fase iniziale dell’incubazione, il virus non si rileva nemmeno col tampone.

Quindi come si fa?

Si fa quanto previsto dai protocolli: a tutto il personale sanitario vanno forniti dispositivi di protezione individuale.

Stanno diventando famose le mascherine filtranti, le Ffp2 e le Ffp3. Ma c’è anche dell’altro. Cominci pure dalla copertura della testa.

In testa ci vuole un cappellino a cui va aggiunto una visiera plastificata. Sotto la mascherina, che protegge naso e bocca, si devono indossare gli occhiali fascianti, che mettono al riparo le membrane congiuntivali degli occhi. Per questa ragione non bisogna toccarsi gli occhi con le mani sporche.

Continuando col dispositivo di protezione individuale: cos’altro serve?

Nella disponibilità del personale sanitario vanno messi anche i camici impermeabilizzati. Si consiglia inoltre l’utilizzo di calzari e doppi guanti. In Lombardia, in questi giorni, si è parlato pure della possibilità di indossare scarpe chiuse.

Le mascherine chirurgiche, quelle monouso, garantiscono una protezione sufficiente?

In caso di coronavirus non servono assolutamente a nulla, perché non sono impermeabilizzate. Rispetto a una mascherina chirurgica, è paradossalmente più efficace una fai da te realizzata con la carta da forno, un materiale isolante.

A proposito: si può usicre solo per ragioni di salute o per necessità, come l’andare a fare la spesa. Al market bisogna indossare la mascherina?

Non solo: è necessario mantenere la distanza di almeno un metro dalle altre persone. Il coronavirus si trasmette per le vie aeree: dobbiamo proteggere prima di tutto occhi, naso e bocca. Anche non si vedono, quando respiriamo emettiamo tante goccioline che possono ‘trasportare’ il virus.

L’alto numero di contagi negli ospedali deriva anche dalla sottovalutazione da parte delle Assl?

Io per primo ho sottostimato la morbilità del coronavirus, perché è un nemico invisibile. Ma anche toccando un giornale contaminato potremmo contrarlo. Ma ci si potrebbe infettare anche usando un cellulare di un parente o di un conoscente.

In ospedale chi sono i più esposti al coronavirus?

I pericoli maggiori li corrono gli anestesisti, ai quali spetta intubare i pazienti in caso di complicanze respiratorie. Di certo le fake news di questo periodo non aiutano, a cominciare dal fatto che la mascherina devono usarla solo le persone infette. Il problema è che non tutti coloro che hanno contratto il coronavirsu sanno di averlo. Gli asintomatici, per esempio, sono un anello della pandemia, un anello decisivo nella diffusione della malattia.

L’aumento della temperatura, visto che siamo quasi in primavera, darà una mano?

È una speranza, nulla di più. Il Covid-19 non è un virus studiato, sappiamo pochissimo. Se non che nella forma peggiore causa una polmonite interstiziale, ovvero colpisce il tessuto che c’è tra gli alveoli, ovvero le unità di scambio dell’ossigeno.

Quanto si tarderà a mettere a punto il vaccino?

Credo che siamo già. Ma va sperimentato prima che venga messo in commercio. Sarà sul mercato l’anno prossimo, è l’ipotesi più probabile.

Medici, infermieri e operatori socio-sanitari in isolamento domiciliare obbligatorio. Ma per chi ha famiglia, è una rischio enorme stare in quarantena in casa. Il vostro sindacato è favorevoli all’apertura di spazi ad hoc, da ricavere in caserme in disuso, per esempio?

Non lo abbiamo scritto nella lettera inviata all’assessore, ma indubbiamente è del tutto inutile esporre le famiglie al rischio di contrarre il virus. Ma ripeto: se al personale sanitario vengono forniti i dispositivi di protezione individuale: con l’attrezzatura adeguata la possibilità di ammalarsi si abbassa di molto. La prevenzione è al momento la miglior cura.

Ne usciremo?

Direi di sì.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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