Condanna di Puddu per abuso d’ufficio: ‘parentopoli’ nel Comune di Assemini

È (anche) una storia di ‘parentopoli’, quella che il giudice di Cagliari, Roberto Cau, ricostruisce nelle sessantadue pagine di motivazioni con le quali Mario Puddu, ex sindaco M5s di Assemini, è stato condannato a un anno per abuso d’ufficio, lo scorso ottobre. Il processo, in primo grado, ruota intorno “al riassetto organizzativo del Comune”, affidato dall’allora primo cittadino a Francesco Murtas, l’avvocato – ugualmente condannato – che “individuava la propria moglie, Stefania Picciau“, già dipendente del Municipio, “quale responsabile di servizio procurandole un ingiusto vantaggio economico”, scrive il giudice.

Ad Assemini la grande querelle che per Puddu diventa condanna e poi obbligo a ritirarsi dalla corsa delle Regionali (sino a ottobre era il candidato presidente), si consuma tutta dentro i Cinque Stelle, vittoriosi alle Amministrative di giugno 2013. Il casus belli scoppia poco meno di due anni dopo le elezioni: è il 23 aprile del 2015 quando tre consigliere grilline presentano un esposto-querela in Procura, a Cagliari. Irene Piras, Stefania Frau e Rita Piano denunciano “la gestione politica del Comune” successiva a uno dei primi atti firmati da Puddu. Ovvero il documento col quale il 19 giugno del 2013 l’allora sindaco richiedeva “la consulenza tecnica” di tre professionisti esterni “per agevolare lo svolgimento delle attività amministrative”.

Insieme all’avvocato Murtas vengono ingaggiati il perito edile Alberto Nioi e l’ingegnere Antonello Deidda. Le consigliere segnalano alla magistratura che “la collaborazione dei tre tecnici non era limitata a un supporto consultivo occasionale o da attivare solo su richiesta dell’Amministrazione”, ma “si esplicava attraverso una prestazione continuativa, ‘autonoma’ e che prescindeva dalle sollecitazioni del gruppo consiliare (di M5s) e dei suoi componenti”. Il lavoro di Murtas, Nioi e Deidda viene sintetizzato dal giudice come “una presenza costante, fortemente invasiva, intraprendente e decisionale”. In particolare, nell’esposto-querela si fa riferimento al “ruolo preponderante assunto dal Murtas nelle scelte della nuova amministrazione”. Un ruolo che doveva essere un “aiuto gratuito”, invece “era tutt’altro che disinteressato – si legge nelle motivazioni – e indirizzato al soddisfacimento di interessi personali propri e di persone a lui vicine”.

È gennaio del 2014 quando la nuova riorganizzazione del Comune ottiene il via libera da parte della Giunta Puddu. Tra le disposizione contenute nel provvedimento c’è la ‘promozione’ della dipendente Picciau, moglie di Murtas, come detto. La quale “il 3 marzo del 2014 viene nominata responsabile di Suap (Sportello unico per le attività produttive), Urp (Ufficio relazioni col pubblico) più Sviluppo economico e turismo”. E questo “con conseguente aumento della retribuzione e contemporaneo trasferimento ad altro servizio della precedente titolare, Adele Solinas, funzionario in possesso di maggiori competenze ed esperienza professionale”, osserva il giudice.

La Solinas nel processo si è costituita parte civile e chiederà, attraverso una successiva causa civile, il risarcimento dei danni. Il giudice Cau ha anche quantificato la positiva ricaduta che la promozione della moglie di Murtas ha sulla stessa dipendente comunale. “Per effetto della nomina – è scritto ancora nelle motivazioni – alla Picciau è stato procurato in ingiusto vantaggio economico pari a 27.234,17 euro“.

Insieme alla Picciau viene ‘premiata’ un’altra dipendente, Anna Paola Mameli, scelta come “responsabile di posizione organizzativa dei servizi Tributi e Contenzioso. Anche nel suo caso viene rilevato “un ingiusto vantaggio economico”, quantificato in “18.302,96 euro“, ha evidenziato ancora il giudice. Il quale osserva che le due ‘promozioni’ sono avvenute “malgrado nell’organigramma del Comune vi fossero altri dipendenti, in particolare la Solinas, di pari categoria giuridica, ma con superiore posizione economica e quindi migliori requisiti professionali”.

A Puddu e Murtas – in concorso tra loro e “rafforzandosi reciprocamente nel proposito” – il tribunale di Cagliari ha riconosciuto anche “la violazione dell’articolo 97 della Costituzione”, sul buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione. Dagli atti giudiziaria a venire fuori è poi il fragile equilibrio che sembra animare il Comune, un assetto contestato su più fronti anche da alcuni assessori e al quale dedicheremo un approfondimento a parte.

(1- continua)

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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