Un anno dopo l’inferno di acqua e fango che Cleopatra ha riversato sull’Isola, di quel 18 novembre rimangono 19 morti, un disperso e tante ferite aperte. I segni della furia del ciclone sono ancora ben visibili. A Monte Pino, ad esempio, dove risucchiati da una voragine di dieci metri persero la vita Bruno Fiore, la moglie Sebastiana Brundu e la consuocera Maria Lorgia: viaggiavano in auto verso Olbia, quando all’improvviso la terra e l’asfalto si sono trasformati in farina.
La Gallura e Olbia in particolare hanno pagato il prezzo più alto. Anni di cemento sulle coste, una crescita della città non controllata e i 16 piani di risanamento dell’epoca di Settimo Nizzi sindaco. Le strade si trasformarono in pantani, i canali (talvolta addirittura tombati), o con palazzine ai lati a far da argine hanno trascinato via auto e persone. Leggi: La Gallura in ginocchio, le inchieste e le parole al vento.
A Onanì, nel Nuorese, si arriva grazie ad un ponte di fortuna. Attorno c’è il nulla. A Bitti si deve invece superare lo ‘sbarramento’ del senso unico alternato: una corsia è franata e poco prima del paese, a regolare il traffico, ci sono tre semafori. Provvisori da un anno. La diga di Torpè invece è rimasta esattamente come un anno fa, coi mezzi pesanti affogati nel fango. Per il momento, viste anche le risorse a disposizione, gli unici interventi sono stati fatti a valle. L’Anas ha invece ripristinato il ponte di Oloè, tra Nuoro e Dorgali. Ora la voragine che il 18 novembre scorso inghiottì il Defender della Polizia su cui viaggiava Luca Tanzi, non c’è più. Il costo del progetto è di un milione e 655mila euro, tempo previsto 180 giorni, sei mesi. E sarà ormai l’anno prossimo.
L’Oristanese, di ponti crollati non ne ha contato. Di vittime purtroppo sì. E l’allarme rimane alto. A Uras e Terralba sembra incredibile che la distruzione di un anno fa sia imputabile a quelli che oggi sembrano quattro fiumiciattoli. Eppure è andata proprio così. E oggi? Il problema è sempre lo stesso: non ci sono soldi. Non abbastanza, almeno, per essere sicuri che la furia dell’acqua non rimetta in ginocchio il territorio.
In totale, Cleopatra ha causato danni per 659 milioni in 82 Comuni, ma ad oggi le risorse stanziate da Regione, Governo e Unione europea non superano i 185 milioni. All’appello ne mancano 474. E il governo, come denunciano a ciclo continuo i primi cittadini dei Comuni più colpiti, non ha allentato il Patto di stabilità. Chi ha qualche soldo in cassa non lo può spendere, nemmeno di fronte all’emergenza diventata routine.
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Difficile riportare tutto a un anno e un giorno fa, e ancora più difficile realizzare tutti gli interventi di messa in sicurezza delle zone a rischio idrogeologico, dove peraltro, secondo i dati della Coldiretti, sorge l’80% dei paesi sardi.
Il presidente della Regione Francesco Pigliaru ieri ha fatto la voce grossa, battendo cassa e reclamando i seppur “pochi” 200 milioni che ancora devono arrivare in Sardegna, promessi a caldo dall’allora premier Enrico Letta. Ne sono arrivati appena 20, da cui bisogna pure stornare i costi dei soccorsi. “C’è un problema di equità – ha detto il governatore -. Siamo determinati per cercare di ottenere quello che è stato promesso”.
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Nel frattempo, la giunta ha attivato il centro funzionale decentrato della Protezione civile e messo a correre 46 milioni per interventi di mitigazione del rischio. Che rimane comunque sempre troppo alto.
La gara di solidarietà è stata tempestiva e forte. Nell’Isola sono arrivati volontari, pacchi con vestiti, elettrodomestici e soldi. In gran parte destinati alla ricostruzione delle scuole. Il pericolo non è scampato e la prevenzione – vera – è tutta da organizzare.e si parte proprio dagli incontri con gli studenti, alcuni racconteranno in prima persona la loro sfida con l’onda di fango. Leggi: Dal fango alla speranza, un anno dopo l’alluvione ecco le iniziative.