Bombe made in Sardinia, nel 2017 meno commesse ma l’export continua

Quarantatré nuove autorizzazioni all’export di armamenti per un valore complessivo di 68,4 milioni di euro. Sono questi i numeri della società Rwm Italia, sede legale a Ghedi (Brescia) e impianti a Domusnovas, nell’Iglesiente, per l’anno 2017. Le nuove commesse – messe nero su bianco dalla nuova Relazione della Presidenza del Consiglio sul commercio degli armamenti – comprendono oltre 3.500 bombe aeree da 500 libbre della serie Mk, mine marine, cariche di profondità, esplosivo Pbx e semilavorati. Inoltre, una voce consistente delle nuove autorizzazioni riguarda la fornitura di servizi e l’esportazione di tecnologie e know how. Ma le carte rese pubbliche dal governo non dicono nulla sulla destinazione di prodotti e servizi.

Rispetto al 2016, quando la Rwm si era posizionata al terzo posto nella lugubre classifica delle aziende italiane più attive nel commercio di armamenti, la società controllata dal colosso Rheinmetall ha stipulato meno contratti. Si è passati, infatti, dai 489,5 milioni di euro per 45 nuove autorizzazioni dall’1 gennaio al 31 dicembre 2016 ai 68,4 di oggi.

La ragione più plausibile del calo risiede nel fatto che le forniture pattuite negli anni scorsi impegnano ancora oggi gli stabilimenti sardi. Basti pensare che nel 2016 la Rwm ha stipulato un contratto del valore di 411 milioni di euro con un paese dell’area M.e.n.a (Middle East North Africa) di cui non è mai stato divulgato il nome. Nello stesso anno, inoltre, la stessa società si era aggiudicata un ordine del Ministero della Difesa Francese del valore di 225 milioni di euro per la produzione e lo sviluppo di ordigni Mk 82. E oggi quelle bombe si apprestano a raggiungere la Francia dalla Sardegna.

In ogni caso, è del tutto chiaro che l’export di armamenti fabbricati in Sardegna continua ed è destinato ad andare avanti: nel corso dell’assemblea annuale degli azionisti tenutasi oggi a Berlino, l’ad di Rheinmetall Amin Pappenger ha, infatti, confermato gli investimenti per l’ampliamento degli stabilimenti di Domusnovas da cui partono le bombe utilizzate dall’Arabia Saudite nella guerra dello Yemen. Presenti all’assemblea anche la Fondazione Banca Etica e Rete Italiana Disarmo, azionisti critici  Rheinmetall accompagnati da Bonyan Gamal, avvocatessa e attivista yemenita che ha di recente denunciato la Rwm Italia per l’uccisione di una famiglia di sei persone del villaggio di Deir Al-Hajari, nello Yemen del nord. Gamal ha rivelato che sul luogo del delitto sono stati ritrovati resti di bombe e componenti prodotti dalla società italiana.

Più in generale, nel 2017 i dati del commercio italiano degli armamenti fanno registrare un valore complessivo delle nuove autorizzazioni all’export pari a 10,3 miliardi. Erano 14,9 nel 2017, per effetto della fornitura 28 aerei Eurofighter al Kuwait. Nel 2017, invece, a fare la parte del leone è Fincantieri, che consegnerà al Qatar – di casa in Costa Smeralda e a Olbia, con l’ospedale Mater Olbia e Air Italy, ex Meridiana – navi e batterie costiere per un valore di 4,2 miliardi. In ogni caso, rispetto al 2015, quando le esportazioni si erano fermate a 7,8, il settore degli armamenti appare in crescita. Un fatto preoccupante, specie se messo in relazione alle tensioni che attraversano il Medio Oriente e l’Africa, aree del mondo a cui le armi made in Italy sono in massima parte destinate.

Piero Loi

@piero_loi

 

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