Riti dionisiaci misteriosi, dove cupi esseri mascherati e vestiti di pelli muoiono per poi risorgere nell’immutabile ciclo della vita. Volti anneriti e gesti antichi, carichi di simbologia misteriosa e di simulazione tragica e inquietante evocano ombre di un primordiale aldilà. È la Sardegna arcaica che va in scena tutti gli anni e affonda le sue radici nei primordi della società sarda.
Poi la tragedia millenaria dei Carrasecare lascia il posto ai più recenti riti cristiani della settimana santa anch’essi permeati di morte e resurrezione. Le maschere di legno lasciano il posto a crocifissi pietrificati nel dolore della morte e alla celebrazione di una risurrezione annunciata. E ancorale tante feste in onore dei santi, nuovi eroi cristiani, che perpetuano riti antichi e momenti di intensa devozione.
Forse non c’è un soggetto così fotografato nell’isola, palestra quasi obbligata per i fotoamatori e per i professionisti. Questo ha portato e porta alla nostra attenzione un numero sterminato di fotografie e un considerevole numero di pubblicazioni editoriali.
Proprio perché in tanti si cimentano, l’asticella estetica e concettuale di questo genere fotografico si è molto sollevata. Non bastano immagini normalmente belle e ben composte. Ci vuole di più per spiccare ed uscire dalla visione comune per cercare interpretazioni che rendano profonda e leggibile la rappresentazione di riti attraverso i quali si è espressa e si esprime la religiosità e l’ancestrale cultura della nostra isola.
Ci vuole uno sguardo acuto come quello di Carmela Folchetti, figlia d’arte di quel Carmelo Folchetti, storico fotografo di Nuoro, che Costantino Nivola chiamava appunto “amico dagli occhi attenti”. Dal padre ha ereditato la capacità di vedere, il resto lo ha messo lei, con il talento e il sacrificio al servizio di una attenzione colta e consapevole e di una grammatica visiva via via affinata nel corso degli anni.
Anche lei è stata attratta fin dall’inizio della sua carriera da questi riti millenari carichi di metafore e di simboli che costituiscono la parte più intima ed affascinante della cultura popolare sarda. Il suo lavoro verrà presentato in un opera in due volumi editi da Imago. Il primo dal titolo Sacro e profano in Sardegna” è in realtà un libro double-face costituito dai volumi “Il carnevale” e “I riti della Settimana Santa”. Il secondo volume dal titolo “La devozione in Barbagia”, indaga le feste di San Francesco di Lula. Nostra Signora delle Grazie e Il Redentore.
I libri, arricchiti dai testi di Amedeo Spagnuolo, Gian Nicola Spanu Chiara Solinas e Marina Moncelsi, costituiscono un viaggio nell’immaginario visuale di una fotografa attenta alla cultura della sua terra e ci consentono di vedere la sua evoluzione a partire dalle prime immagini datate 1986. Appare nitido un percorso artistico e culturale che si evolve dal puro stile documentario verso una ricerca più attenta ai significati profondi di riti ancora vivi e sentiti.
Nel primo volume morte e resurrezione dei carnevali sono opportunamente abbinati a quelli della tradizione cristiana. Le tristi sfilate dei Mamutones sfumano nelle processioni meste di una Settimana Santa sempre intensa e partecipata. Carmela Folchetti coglie, senza mai oltrepassare il sottile confine della rappresentazione folcloristica e spettacolare, i segni intimi di cerimonie arcaiche. La tensione e la forza primordiale dei carnevali sfuma nella ritualità composta delle processioni. I segni di passaggio dal pagano al religioso sono attentamente rappresentati. Lo sguardo alle feste è sempre attento e acuto, la sintassi fotografica precisa e sicura. La sapiente padronanza dei piani di messa a fuoco e del mosso controllato rendono dinamica la scena senza pietrificarla ma lasciandola fluire in “Un’intensa vibrazione di luce”.
Nel secondo volume un doveroso omaggio al padre Carmelo con le sue immagini datate 1978. Un simbolico passaggio di testimone per continuare a rappresentare un affresco Deleddiano di feste antiche che costituiscono ancora parte importante delle fondamenta culturali della società barbaricina.
Il carnevale di Fonni, che inizia come gli altri il 16 gennaio con la processione di Sant’Antonio e l’accensione dei fuochi, è caratterizzato dalle antiche maschere de s’Urthu e sos Buttudos che rappresentano la lotta quotidiana dell’uomo contro gli elementi della natura. S’Urthu è vestito di pelli di montone o di caprone di colore bianco o nero, ha un grosso campanaccio legato al collo, la faccia annerita dal sughero carbonizzato (“s’inthiveddu”), ed è tenuto al guinzaglio con una rumorosa catena di ferro. Sos Buttudos indossano un cappotto di orbace sopra abiti di velluto, scarponi e gambali di cuoio, sulle spalle i campanacci. S’Urhtu, l’orso, lotta continuamente tentando di liberarsi dalle catene, aggredendo uomini e cose che incontra sul suo cammino, arrampicandosi dappertutto, sugli alberi e sui balconi, aizzato ad avventarsi sulla gente mentre sos Buttudos tentano di domarlo. Il 26 e 27 a Fonni si vedranno i carri allegorici e le maschere dei bambini, il il 28 febbraio dalle 15 sfileranno le maschere tradizionali.
I Thurpos mettono in scena diverse immagini legate alla tradizione contadina: Su Thurpu Voinarzu, il contadino, che deve governare i Boes; i Thurpos seminatori che spargono crusca lungo il cammino; Su Thurpu Vrailarzu (il fabbro) che ferra Su Boe e Su Thurpu che accende il fuoco con un acciarino, una pietra focaia e un cornetto di bue pieno di midollo di ferula secca. Come altri carnevali barbaricini anche quello di Orotelli ripropone in chiave grottesca il capovolgimento del rapporto uomo-animale e la lotta dell’uomo contro la natura. I Thurpos sfileranno in due serate: domenica 26 febbraio e domenica 5 marzo.
Quello di Carmela Folchetti è un viaggio lungo trent’anni alla scoperta delle sue (e delle nostre) radici. La sua fotocamera ferma momenti lontani di devozione sentita e partecipata mostrandoci un mondo che rischia di cedere lentamente il passo al folklore. Solo uno sguardo attento riesce ancora a cogliere i segnali autentici che connotano e distinguono uno spettacolo per turisti da una millenaria rievocazione della nostra storia.
I due volumi saranno presentati a Nuoro il 30 Agosto 2016 nella Vecchia chiesa delle Grazie alle ore19,30 conta partecipazione di Domenico Canu, Giacomo Mameli, Ciriaco Offeddu e Intermezzi musicali a cura dell’Associazione “POPULOS – TENORE NUGORESU”. Seguiranno poi le altre città dell’Isola.
Enrico Pinna