Sono un professionista di 46 anni che lavora nell’ambito della ricerca all’Università di *****. Quest’anno ricorre il quinto anno della scomparsa di mia moglie. L’amavo molto ma la leucemia linfoblastica me l’ha portata via nel giro di due mesi, lasciandomi due splendidi figli che ora hanno quindici e sette anni. In questi lunghi cinque anni ho vissuto un po’ come in apnea, cercando di sopperire alla sua mancanza curandomi dei figli. Ho anche cercato di trovare una nuova relazione ma dopo un breve periodo non me la sono sentita di continuare. Quasi ogni notte Laura “viene a trovarmi nei sogni” ma sempre come se non fosse mai morta. Eppure il primo anno senza lei mi sono fatto aiutare da uno psicologo che certo è stato utile, ma non è servito a cancellare Laura dalla mia vita.
Alberto
Caro Alberto, la perdita di una compagna che si ama è una condizione particolarmente dolorosa e prima di fare qualunque commento voglio esprimerti, comunque, la mia vicinanza emotiva. So bene che elaborare un lutto significa cercare di collocare chi non c’è più da qualche parte nel proprio cuore e provare a vedere il futuro.
Mi dici che tu, un percorso d’aiuto l’hai tentato ma mi dici anche di aver vissuto in “apnea, curandoti dei tuoi figli”. Ciò non solo è comprensibile ma umano e forse inevitabile per una persona equilibrata e di questo devi farti forza: non tutti sono capaci di reagire con lucidità e fare perno sulle proprie capacità di accudimento di altri. Ora però (che, suppongo, i figli stiano crescendo e abbiano sempre meno bisogno di te) il dolore rimane, sordo,deprimente, ineluttabile e soprattutto presente: lei torna nei tuoi sogni come fosse viva.
Il lutto è una lacerazione più o meno profonda e negli anni si può cercare di curare la ferita, tenerla pulita e disinfettata sperando che un giorno sia un piccolo segno nella nostra pelle, un ricordo spiacevole ma passato. Credo però non sia possibile anche con una “plastica” eliminare del tutto il segno che ha lasciato, l’eco più o meno lontano del dolore, l’unica (veramente l’unica cosa nelle vita, perché a tutto il resto di fatto c’è sempre una soluzione anche emotiva) condizione umana per chi “rimane” è quella di fare i conti con chi non c’è più.
Coloro che vivono una fede religiosa ferma, hanno in questo un piccolo vantaggio perché hanno una prospettiva (magica o meno che sia, fantasiosa o teologica …) rispetto a colui che non c’è più, consolatoria e comunque legata ad un’idea pur lontana di un futuro in cui ci si rincontrerà tutti. Chi invece non ha questo aiuto deve trovare una collocazione di chi non c’è più dentro di sé, conservarne la memoria ma lasciare che chi è morto, in un certo qual modo, sia “libero di andare” e di lui conservare un ricordo che non impedisca, come mi pare stia accadendo a te, di guardare oltre.
Hai solo (e non lo dico con ironia, per la speranza di vita occidentale sei nel mezzo del cammin di nostra vita…) quarantasei anni, una professione credo gratificante e dei figli che hai saputo allevare anche senza una compagna amata: fatti forza di questo e comincia a pensare che lei, che magari continuerà a venirti a trovare un sogno, lì rimarrà, mentre la tua realtà potrebbe essere molto meno legata al suo ricordo e alla sua assenza.
Se posso ancora permettermi cerca di “lasciarla andare” cambiando anche la tua vita (che significa magari ristrutturare o cambiare casa, ri-prendere a viaggiare, coltivare nuove esperienze) dare aria alla tua vita. La tua compagna ha bisogno, quanto te, di andare per la sua strada, concediglielo non dimenticandola, (cosa che forse non accadrà mai) ma trovandole un posto dentro di te e allo stesso tempo facendo spazio anche ad altro … o altre. In ultimo vorrei segnalarti il fatto che trascorsi cinque anni, forse, senti che davvero ora la tua vita deve trovare una nuova strada. Se ti sei trovato bene con il terapeuta che ti ha seguito nel primo anno di lutto magari ora, una nuova fase di sostegno, non sarebbe inutile.
Antonello Soriga
Chi ha un caso da segnalare o un parere da chiedere scriva a psychiatrichelp@sardiniapost.it. Saranno ovviamente garantiti totale riservatezza e anonimato.
(Antonello Soriga, psicologo e psicoterapeuta ad indirizzo sistemico relazionale, svolge attività clinica in regime di libera professione a Cagliari. E’ stato professore a contratto presso la facoltà di Scienze della Formazione di Cagliari e più volte membro della Commissione esami di Stato alla professione di Psicologo. Dal 2009 è Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari. Presiede il Centro di psicologia sistemica di Cagliari ed è responsabile scientifico dell’Associazione Sardegna Bielorussia. Tra le sue opere “L’altalena di Chernobyl”, Armando Editore, e alcune pubblicazioni accademiche).