L’atelier di un’artista è in genere un luogo privato, uno spazio intimo di cui essere gelosi perché simbolicamente impregnato delle visioni, delle emozioni che si fanno lavoro creativo quotidiano. Ma trattandosi di Gianluca Vassallo, che fa della condivisione sociale il suo agire di artista, le cose cambiano. The White Box non è solo il suo studio privato, The White Box è anche uno spazio pubblico, una galleria, un luogo per abitare l’arte, parteciparla con altri artisti che si inerpicano sugli stessi sentieri. The White Box è un libro dalle pagine bianche che, mese dopo mese, si riempiranno di mostre, di workshop, di momenti d’arte, di emozioni. Un laboratorio aperto alla relazione col mondo, allo scambio di idee, di visioni, di punti di vista e di esperienze da spartire per un comune arricchimento.
L’artista di San Teodoro, da sempre assertore di una dimensione sociale dell’arte, attivatrice di processi empatici ed emozionali apre la sua galleria a due mostre: la sua “Occidente”, curata da Roberto Cremascoli, un diario di viaggio in una New York che l’artista coglie con una visione intima e personale e Piccole Selezioni di Lucia Veronesi, una mostra composta da quattro foto e tre video, curata dallo stesso Gianluca Vassallo. Le mostre sono visitabili sino alla fine di giugno in Via del Tirreno (Fronte edicola) a San Teodoro.
Scrive Roberto Cremascoli nella presentazione: “Non ci sono artifici, i suoi personaggi non hanno copione. Immagini fugaci, a volte furtive. La scena è quella a disposizione, quella che si presenta così come la trova, si offre alla sua sensibilità ricettiva, gli scenari sono new new-realism. La bellezza è l’unico cammino per salvare l’umanità. Gianluca Vassallo pratica e raccoglie bellezza nel quotidiano, attraverso le persone, anima degli spazi che lui ritrae.”
«“Occidente” — dice l’autore — è un diario di viaggio ma, fondamentalmente, è un pretesto, un espediente per raccontare me stesso, una sorta di autoritratto a episodi. Ho scelto l’Occidente perché tutto nasce da qui: ricchezza e povertà, guerra e pace sono governati da questa parte di mondo depositaria del potere.»
L’artista pubblicherà a breve il volume “Occidente, diario pubblico”, che non è il catalogo della mostra ma contiene, oltre le foto esposte, un’ampia selezione del lavoro fatto a New York, con la grafica di Artemio Croatto, recente vincitore del “Compasso d’oro”. I testi, intimi e poetici, accompagnano un diario visivo dove le emozioni si fanno racconto personale di un viaggio nella complessità della città e nell’ancor più complicato labirinto interiore dove sensazioni, sentimenti, gioie, dolori, speranze e frustrazioni si inseguono e si intrecciano in una trama che è introspezione inquieta e coinvolgente.
“Piove l’estate. Tutto si fa deserto. Organizzato in piedi quadrati di solitudine. Amore verissimo e salvo. Ho gli abiti cuciti di speranza. Mezza bellezza che mi abita gli occhi, l’altra metà che si posa sul mondo. Sospesa, come il mio sentire, tra ciò che siamo stati e ciò che avremo la grazia d’essere”.
Lucia Veronesi, con le sue “Piccole Selezioni” indaga le metastasi del quotidiano come l’accumulo compulsivo di oggetti, testimonianza di una vita che si esprime attraverso il consumo e il possesso di beni anche inutili e l’incapacità di separarsene sino alla morte.
“Lucia Veronesi — scrive Gianluca Vassallo, curatore della mostra — ci porta nell’istante di mezzo, tra il risveglio e la metastasi del quotidiano. Quello in cui tutto è oggettivo perché immobile, esistente, distante dai processi culturali e dunque dal giudizio. L’attimo esatto in cui percepiamo il respiro che è nostro, il battito, l’esistenza”.
“Il lavoro di Lucia Veronesi — prosegue il curatore — è fatto di pratiche che somigliano pericolosamente alla sua analisi. Una collezione di ritagli, cartoni di scarto, filmati di repertorio, pezzi d’archivio, immaginari secolari. Una pratica che non esenta la sua stessa vita dal rischio di cadere nelle ossessioni che racconta, una pratica che la rende sublime nell’atto della restituzione estetica del processo artistico, perché sempre in bilico tra la narrazione e un’autobiografia possibile, tra sguardo poetico e sublimazione empatica. Lucia accumula il quotidiano di cui siamo circondati, lo trasforma nei teatri stropicciati di bellezza casuale in cui questo si compie. E li indaga, visivamente, come una sonda alla ricerca minuziosa della prossima metastasi. Da battere sul tempo. Prima del prossimo risveglio!”.
Enrico Pinna